In questa pagina vogliamo riassumere quali sono i meccanismi che stanno alla base delle grandi transizioni evolutive, attraverso alcune tra le principali tappe della storia della vita.
Gli organismi viventi hanno un'origine antichissima. Nei sedimenti dell'Apex Chert nell'Australia Occidentale, di circa 3,5 miliardi anni fa, sono state trovate catene di cellule, costruenti filamenti molto simili a quelli che batteri e alghe verdi-azzurre formano oggi sui fondali degli attuali laghi. Ciò testimonia che già in quell'epoca la vita era diversificata. Le ipotesi su come si arrivi a questa prima tappa sono riportate qui.
Una volta emersa la vita, per quasi due miliardi di anni le alghe azzurre furono gli esseri viventi più abbondanti sul pianeta, accanto a organismi eterotrofi.
L'aumento dell'ossigeno fu, per alcuni degli organismi eterotrofi un veleno, ma per altri si aprirono nuove possibilità: cominciarono a utilizzare l'ossigeno mediante la respirazione cellulare per ricavare una grande quantità di energia dagli alimenti. Esiste quindi una variabilità tra gli individui dovuta alle mutazioni, che possono essere favorevoli, sfavorevoli o neutrali e su queste agisce la selezione naturale. Se tutti i membri di una popolazione fossero identici, l'evoluzione per selezione naturale non potrebbe avere luogo.
Quando alghe azzurre a vita libera furono incorporate in un'altra cellula, divennero i cloroplasti, utilizzati come manodopera metabolica per fornire energia. E quando un battere che metabolizzava ossigeno si unì a un altro microrganismo, sul pianeta emerse un nuovo tipo di individuo. La nuova cellula derivante da questa combinazione aveva le risorse per sintetizzare proteine sempre più complesse e sviluppare nuovi comportamenti (teoria endosimbiontica seriale di L. Margulis).
Adesso questa cellula aveva il DNA e l'energia necessari per produrre la diversità di proteine che consentirà poi l'evoluzione dei corpi pluricellulari.
I Coanoflagellati (Choanoflagellata) sono organismi unicellulari considerati filogeneticamente più prossimi ai Metazoi, cioè agli organismi pluricellulari, essendo molto simili ad alcune cellule tipiche dei Poriferi. Quando venne sequenziato il loro DNA, si scoprì che molte delle proteine che costruiscono i corpi degli organismi pluricellulari erano già presenti in queste creature unicellulari, mentre sono assenti nei Protozoi.
Alcune di queste sono molecole sono coinvolte nei processi di trasduzione del segnale all'interno delle cellule e utili per il passaggio di informazioni tra cellule.
La vita pluricellulare è stata possibile, perciò, solo perché nuove combinazioni di molecole furono ridestinate a partire dalla funzione originale che avevano nella vita unicellulare e che solo successivamente si sarebbero dimostrate utili e fondamentali per aderire ad altre cellule e per la comunicazione cellulare, fattore determinante per l'evoluzione della pluricellularità.
Circa un miliardo di anni fa, quindi, microrganismi unicellulari diedero origine a creature dotate di un corpo pluricellulare e questo grazie a novità che erano precedenti alla loro origine.
Ancora qualche centinaio di milioni di anni e si originano tutte le forme viventi, costituite da numerose cellule, ciascuna rifornita di energia grazie agli organuli inglobati e perciò le creature poterono diventare più grandi, più complesse e sviluppare nuovi tessuti e organi. Sono gli Invertebrati (Invertebrata), cioè tutti gli animali privi di colonna vertebrale.
Il passaggio evolutivo successivo che a noi interessa è dato dalla comparsa dei Vertebrati (Vertebrata), che appartengono al phylum dei Cordati (Chordata); questo comprende anche i Cefalocordati (Cephalochordata) e gli Urocordati (Urochordata). Tutti i Cordati sono caratterizzati dalla presenza di notocorda, tubo neurale e appendici branchiali durante lo sviluppo embrionale.
Ogni Vertebrato a un certo stadio dello sviluppo embrionale ha fessure branchiali, una struttura cartilaginea cilindrica che sostiene il corpo e un cordone nervoso che si estende dorsalmente a essa.
Quale organismo può rappresentare l'antenato di tutti i Vertebrati, cioè quale possiede le tre caratteristiche appena citate?
Secondo gli studiosi, e anche se si fa una ricerca usando l'intelligenza artificiale, il più probabile antenato dei Vertebrati è l'anfiosso (Branchiostoma), un Cefalocordato marino filtratore, simile a un piccolo pesce, che vive infossato nella sabbia.
Esso possiede una corda dorsale (notocorda), cioè un asse di sostegno interno di tessuto cartilagineo flessibile ed elastico, che si estende per tutta la lunghezza del corpo, presente durante tutto l'arco della vita. Alla corda si attaccano i muscoli, con disposizione metamerica. Il sistema nervoso è posto dorsalmente alla corda ed è formato da un lungo tubo neurale cavo che si dilata anteriormente a formare una specie di “cervello”. Il tratto anteriore del tubo digerente, o faringe, è ampio e dotato di numerose fessure branchiali.
L'analisi genetica ha rilevato che nell'anfiosso sono presenti alcuni geni che nei Vertebrati sono implicati nella ricombinazione delle immunoglobuline. Poiché l'anfiosso non produce immunoglobuline, significa che questi geni hanno un'altra funzione e che poi sono stati cooptati per una nuova funzione, cioè l'immunità adattativa, dei Vertebrati Gnatostomi. La cooptazione genica prevede che un gene venga reclutato per svolgere ruoli diversi da quello originale. Esistono poi altri geni per cui è stata osservata una situazione simile.
Una cosa importante da rilevare è che questi geni si trovano in un'unica copia nell'anfiosso, mentre sono presenti in copie multiple nei Vertebrati. Questo implica che nella transizione evolutiva c'è stata una duplicazione genomica o, più precisamente, due (poliploidizzazione), portando a un significativo aumento del genoma nei Vertebrati. Naturalmente, la duplicazione può non riguardare l'intero genoma, ma singoli geni. Quando sono presenti più copie di uno stesso gene, uno può rimanere immutato mantenendo la funzione originale, mentre le altre copie possono acquisire nuove funzioni e/o strutture.
Un altro esempio di duplicazione è dato dai geni Hox, implicati nell'architettura del corpo; nell'anfiosso sono presenti in singolo cluster mentre sono in quattro cluster nei Vertebrati.
Nel mondo vegetale cambiamenti nel numero dei cromosomi (poliploidia) possono portare a nuove specie in un solo colpo.
Sempre nell'anfiosso si è trovato un meccanismo di regolazione genica, la metilazione del DNA, anche se funziona in modo leggermente diverso nei Vertebrati. In questi ultimi, poi, ci sono più elementi CIS regolatori per ogni gene. Gli elementi che agiscono in CIS sono le sequenze di DNA che si trovano in vicinanza della porzione di gene che deve essere trascritta in RNA e cioè il Promotore, l'Enhancer, il Silencer. Gli elementi TRANS regolatori agiscono invece su proteine prodotte da altre sezioni di DNA, che si legano alla sequenza CIS, per controllare l'espressione genica.
Esiste anche un altro organismo che potrebbe essere l'antenato di tutti i Vertebrati: l'ascidia, anche se nell'aspetto esteriore non sembra esserci nulla di più lontano dai Vertebrati, recenti dati molecolari hanno dimostrato che sono più affini ai Vertebrati di quanto non lo siano i Cefalocordati.
Gli Ascidiacei (Ascidiacea) sono rappresentanti del subphylum dei Tunicati (Tunicata) o Urocordati (Urochordata), animali marini, sessili, microfagi filtratori.
Quando un'ascidia emerge dall'uovo, è un girino liberamente natante. È solo dopo la metamorfosi che scende sul fondo e aderisce alle rocce. Dotato di una grossa testa, con una zona sensoriale capace di distinguere la luce, si muove flettendo la coda avanti e indietro. All'interno del corpo un cordone nervoso si estende lungo il dorso, avente la funzione di coordinare i movimenti, mentre una struttura di tessuto connettivo semirigida ed elastica, la notocorda, la percorre dalla testa alla coda per l'inserzione dei muscoli. Alla base della testa ha anche fessure branchiali. Oltre a queste tre caratteristiche possiede anche un organo simile alla tiroide che produce ormoni.
L'antenato di tutti i Vertebrati emerse bloccando precocemente lo sviluppo dell'ascidia, fissando i tratti del suo stadio larvale, senza metamorfosare, fino all'età adulta, riuscendo però a sviluppare gonadi che gli permettevano di riprodursi (neotenia). Una volta che si è ancorato al fondale riassorbe il cordone nervoso, non avendo più la necessità di coordinare i movimenti. Questo organismo sarebbe diventato il progenitore di tutti i Pesci, gli Anfibi, i Rettili, gli Uccelli, i Mammiferi.
Della notocorda restano tracce nei nuclei polposi all'interno dei dischi intervertebrali della colonna dorsale dei Vertebrati.
Come si può notare, ci sono ancora lacune nella spiegazione della divergenza tra Invertebrati e Vertebrati, soprattutto nel fatto che la notocorda e il cordone nervoso, che dovrebbero essere dorsali nei Cefalocordati e nei Tunicati, risultano controllate da geni che nei Vertebrati controllano la parte ventrale.

Varie specie di Ascidiacea. Ernst Haeckel 1904
I Vertebrati comprendono le classi citate sopra. Noi siamo tentati di vederle in una progressione evolutiva lineare e ordinata lungo una catena nella quale si passa inesorabilmente da un anello al successivo: dopo gli Invertebrati - che compaiono dopo gli organismi unicellulari - ci sono gli Anfibi, poi i Rettili, gli Uccelli, i Mammiferi e infine l'Uomo, a coronamento dell'evoluzione.
Se la storia fosse un percorso di cambiamento unico, in cui un passo porta inesorabilmente al successivo, ciascuno con un graduale miglioramento per una singola funzione, transizioni fondamentali sarebbero impossibili. Per ogni grande transizione non basta, infatti, il cambiamento di un unico organo, ma la contemporanea comparsa di intere serie di caratteri e questo renderebbe impossibile ogni progresso evolutivo. Inoltre, se molti aspetti devono cambiare simultaneamente, come potrebbero, le fondamentali transizioni, aver luogo gradualmente?
Il passaggio da specie marine, come i Pesci, a organismi adattati a vivere sulla terraferma, come gli Anfibi, richiede la comparsa contemporanea di diverse caratteristiche come, per esempio, di polmoni per assorbire l'aria atmosferica e arti per la deambulazione. La probabilità che compaiono contemporaneamente entrambe queste caratteristiche e nel momento opportuno è pressoché nulla e quindi sarebbe impossibile questa grande transizione evolutiva.
I Pesci sono dotati di vescica natatoria, un organo che viene impiegato per il galleggiamento. Esistono, però, anche Pesci come i Polipteridi che usano la vescica natatoria per assorbire l'ossigeno atmosferico quando le condizioni lo richiedono.
Il Lepidosiren paradoxa possiede delle branchie ridotte e due polmoni funzionanti che gli permettono di respirare aria atmosferica.
Da milioni di anni esistono pertanto Pesci polmonati, dotati di branchie e polmoni e quando l'ossigeno contenuto nell'acqua non basta a soddisfare le loro esigenze, si servono di polmoni per respirare aria, mentre altri Pesci usano la vescica natatoria per il galleggiamento.
L'analisi del DNA, ormai possibile con facilità e con spesa modesta su qualsiasi specie, ci mostra che i geni utilizzati nei Pesci per la formazione delle vesciche natatorie sono gli stessi usati per la formazione dei polmoni.
Questa transizione dall'ambiente acquatico a quello terrestre non comportò l'origine di un nuovo organo; piuttosto, un organo destinato al galleggiamento, come la vescica natatoria, è stato ridestinato a una nuova funzione, quella di assorbire l'ossigeno atmosferico prima ancora che gli animali occupassero l'ambiente terrestre.
Analogo discorso si può fare per gli arti.
La transizione dalle pinne agli arti comportò due grandi modificazioni: l'acquisizione delle dita e la perdita dei raggi. Si potrebbe pensare che i geni necessari per la formazione di mani e piedi siano esclusivi di creature dotate di zampe. Invece anche i Pesci hanno questi geni, che servono però a formare i raggi. Ancora una volta si ha la ridestinazione di un organo per una nuova funzione.
Osservando sempre i Polipteridi, vediamo che nuotano con movimenti serpentini del corpo, ma anche si trascinano sul fondo usando le pinne pettorali e ventrali come se fossero zampe. Tra l'altro, le pinne pettorali hanno una struttura analoga alle ossa dei Vertebrati terrestri. Gli arti per la deambulazione sono quindi comparsi prima che gli animali occupassero l'ambiente terreste.
La ridestinazione di strutture già presenti, ma impegnate in un'altra funzione, apre la strada a nuove traiettorie di cambiamento senza attendere la comparsa di una nuova particolare invenzione.
Perché allora, se alcuni animali possedevano già arti e polmoni non hanno colonizzato prima l'ambiente terrestre? Perché non sarebbero mai potuti sopravvivere sulle terre emerse poiché all'epoca piante e insetti non erano ancora sufficientemente abbondanti da consentire l'esistenza continuativa di grandi creature; quando l'ambiente terrestre divenne favorevole per gli animali, non si è dovuto attendere la comparsa di mutazioni adatte a prosperare nel nuovo ambiente: erano già presenti.
I primissimi animali a possedere arti con dita li usavano non per camminare sulla terra, ma per remare in acqua o per manovrare nelle acque basse di paludi e corsi d'acqua. Come per i polmoni, in principio queste grandi invenzioni delle creature terrestri non erano mirate alla vita sulle terre emerse, ma a utilizzare l'ambiente acquatico in modo innovativo. L'organo comparve precocemente in un certo scenario e la grande rivoluzione si verificò con la sua ridestinazione a una nuova funzione dopo il passaggio in un ambiente nuovo.
La transizione evolutiva verso organismi volatori come gli Uccelli richiede la comparsa contemporanea di molte diverse invenzioni: le ali, le penne, le ossa cave, un metabolismo elevato.
Se osserviamo i Dinosauri Teropodi, vediamo che presentano tratti tipici degli Uccelli, compresi ossa cave e tassi di accrescimento relativamente veloci. Le penne non sono quindi un aspetto altamente specializzato degli Uccelli, poiché si trovano praticamente in tutti i dinosauri carnivori. L'origine delle penne non fu assolutamente legata al volo (ne abbiamo parlato qui). Come i polmoni e gli arti nella transizione dall'ambiente acquatico a quello terrestre, le invenzioni poi usate per il volo precedettero l'origine del volo stesso.
Compiamo un balzo evolutivo e arriviamo ai Primati.
Un giovane scimpanzé ha una postura eretta, pochi peli e un aspetto che lo fa assomigliare molto di più a un bambino della specie umana, che non allo scimpanzé adulto.
Lo sviluppo dell'uomo è inoltre rallentato, poiché gli esseri umani hanno un periodo gestazionale e un'infanzia più lunghi rispetto agli scimpanzé. Sviluppandoci più lentamente, noi conserviamo diverse forme e proporzioni degli stadi giovanili dei nostri antenati che, sono per molti aspetti assai umani.
Alterare la tempistica degli eventi è un modo per ottenere cambiamenti evolutivi grazie a leggere modificazioni dello sviluppo embrionale.
Basto solo questo a farci diventare umani? Ovviamente no. Ci sono molti altri fattori che entrano in gioco. Si veda, per esempio, questa pagina.
La nostra complessità e le differenze tra le specie non corrispondono, contrariamente a quanto si potrebbe pensare, alla quantità di materiale genetico presente nelle loro cellule. Tra l'uomo e lo scimpanzé, ad esempio, c'è una differenza genetica dell'1,5% soltanto.
È vero che rispetto ai Procarioti, gli Eucarioti hanno un'enorme quantità di DNA, perché possiedono cellule specializzate per forma e funzioni (negli organismi pluricellulari). Tuttavia le dimensioni del genoma non sono correlate in modo lineare alla complessità dei rispettivi organismi, come avverrebbe invece se il DNA fosse formato unicamente da geni codificanti. Infatti, meno del 2% del DNA codifica per proteine - l'uomo, ad esempio, possiede un numero di geni uguale a quello del topo -. Il restante 98% ha diverse funzioni, tra cui quella di regolazione e più di due terzi è costituito da copie ripetute di sequenze, alcune delle quali non hanno alcuna funzione nota. Le differenze tra gli organismi sono dunque legate al grado di complessità della regolazione genica.
Ogni cellula di un organismo contiene al suo interno una lunga molecola di DNA. Nell'uomo, per esempio, in ciascuna dei 3600 miliardi di cellule, si trova un filamento di DNA lungo 180 cm. Per stare all'interno deve necessariamente essere avvolto e questo è un altro modo di regolazione dell'espressione genica. Infatti, le regioni inattive del genoma sono strettamente avvolte attorno ad altre piccole molecole. Affinché sia possibile la produzione di una determinata proteina, occorre che il DNA si svolga in corrispondenza del gene che la codifica. Ciò è possibile quando alcune molecole entrano in contatto con l'interruttore del gene. Quanto più un gene rimane attivo, tante più proteine può produrre. Se, per esempio, le proteine che controllano lo sviluppo del cervello sono attivate per un periodo più lungo o in siti diversi, ciò potrebbe tradursi in un cervello più voluminoso o più complesso. Tutti i viventi hanno geni codificanti proteine e interruttori molecolari che li attivano e disattivano.
Se ogni singola cellula ha al suo interno gli stessi geni, allora le differenze tra le cellule dipendono da quali geni sono attivi e poiché le regioni di controllo genico sono specifiche per i diversi tessuti, qualora si verificasse una mutazione su geni regolatori appartenenti a un determinato organo, non si avrebbero effetti negativi su tutti gli altri, l'organismo rimarrebbe vitale e l'evoluzione può procedere.
Le trasformazioni evolutive riguardano non tanto i cambiamenti che interessano i geni stessi, quanto piuttosto i tempi e i luoghi in cui essi sono attivi durante lo sviluppo, per cui i cambiamenti negli Invertebrati e nei Vertebrati descritti sopra sono dipesi da mutazioni che regolano l'attività genica piuttosto che da un incremento del numero di geni. E allora, le due duplicazioni genomiche avvenute nei primi Vertebrati hanno ampliato la possibilità di regolazione genica.
L'intera organizzazione del corpo di tutti gli animali si riduce a 3 foglietti: il più interno dà origine agli organi del canale alimentare e alle ghiandole loro associate; quello intermedio si trasforma in ossa e muscoli; da quello più esterno originano la cute e il sistema nervoso.
Recentemente si è scoperto che le cellule migrano da un foglietto all'altro. Una volta stabilitesi nelle loro nuove sedi, vanno a costituire nuovi tessuti. Complessi cambiamenti in organi e tessuti diversi possono essere ricondotti a cambiamenti più semplici ed essenziali nello sviluppo.
Esiste però, un altro modo per generare nuove cellule e tessuti.
Si diceva sopra che il DNA contiene un elevatissimo numero di sequenze ripetute. Oltre il 60% di elementi ripetuti è riconducibile a jumping genes fuori controllo.
I jumping genes sono geni che producono copie di se stessi e che saltano da un punto all'altro del genoma e sono presenti in ogni specie.
L'origine di nuovi tessuti e cellule da quelli degli antenati richiede il cambiamento di centinaia di geni. Questo non sarebbe possibile se dovesse comparire, simultaneamente e in tutto il genoma, una moltitudine di mutazioni separate.
Non occorre la mutazione indipendente di centinaia di geni perché, quando si verifica una mutazione in un singolo jumping gene, che converte una sequenza normale in un interruttore, questa si diffonde in tutto il genoma.
Il DNA possiede meccanismi in grado di bloccare i jumping genes, attaccandosi alla porzione che permette loro di saltare, incapsulandola di proteine in modo che non possano più andare in giro liberamente. Bloccata la capacità di saltare, il jumping gene resta dov'è, andando a coprire un nuovo ruolo. Silenziando quella parte, il jumping gene può essere utilizzato per formare tessuti nuovi, oppure per consentire nuove funzioni.
Un processo di copiatura sfuggito al controllo può essere un fattore fondamentale nelle grandi transizioni della storia della vita.
Oltre ai jumping genes, circa l‘8% del nostro genoma è costituito da segmenti di antichi frammenti virali. Nella storia evolutiva gli organismi sono continuamente infettati da virus. Se un virus ha un effetto benefico, la selezione naturale può perfezionarlo in modo che, mantenendo il suo sito, possa lavorare in modo sempre più efficiente.
I genomi non sono dunque delle entità stabili e statiche. Il DNA può addensarsi o despiralizzarsi; i geni possono duplicarsi e anche interi genomi lo possono fare. I geni possono essere modificati, ridestinati o cooptati a nuove funzioni. Possono produrre più copie di se stessi e saltare in vari punti del genoma. I genomi possono anche essere infettati da virus. Il risultato di tutti questi eventi, insieme a quelli descritti in questa pagina, è l'emergere di innovazioni biologiche che hanno portato a rapidi cambiamenti evolutivi.
Possiamo quindi concludere con testo tratto dalla prefazione del libro Al di là di ogni ragionevole dubbio di Sean B. Carroll (2008): « Proprio come la sequenza del DNA di ciascun individuo è unica, anche la sequenza del DNA di ciascuna specie è unica. Ogni cambiamento evolutivo fra specie, che si tratti dell'aspetto fisico o del metabolismo digestivo, è dovuto a cambiamenti nel DNA e quindi rimane registrato nella sua sequenza. Lo stesso vale per la «paternità» delle specie. Il DNA contiene, quindi, la prova forense definitiva e inconfutabile dell'evoluzione. Questo fatto costituisce un'interessante ironia. Giurie e giudici si basano sulla prova del DNA per determinare la libertà o la detenzione, la vita o la morte di migliaia di persone. E apparentemente la totalità dei cittadini americani è a favore di questa innovazione. Eppure nell'opinione pubblica circa la metà o più dei cittadini americani dubita ancora o nega recisamente la realtà dell'evoluzione biologica. È evidente che ci sono più familiari le applicazioni del DNA che le sue implicazioni.
Il DNA contiene un tipo di informazione completamente nuovo e diverso rispetto a quello che Darwin avrebbe potuto immaginare o sperare, ma che conferma in modo decisivo la sua idea di evoluzione. Ora siamo in grado di identificare i cambiamenti specifici nel DNA che hanno permesso alle specie di adattarsi ai mutamenti ambientali e di evolvere nuovi stili di vita».