Nelle pagine precedenti abbiamo esposto i principi generali della teoria dell'evoluzione. Ora ci proponiamo di affrontare in modo più approfondito l'evoluzione umana.
Innanzitutto dobbiamo sgomberare il campo da pregiudizi e affermazioni false o fuorvianti.
L'uomo ha indubbiamente una somiglianza con le scimmie antropomorfe e in particolare con lo scimpanzé e il bonobo. Questo ha generato la convinzione che l'uomo discenda dalla scimmia, cioè l'erronea idea che la nostra specie sia un ramo disceso, in tempi lontani, da qualche antropomorfa come lo scimpanzé. Il pensiero comune spesso confonde "somiglianza" con "discendenza", concludendo che l'uno derivi dall'altro. In realtà la nostra somiglianza con queste scimmie dipende da un antenato comune con lo scimpanzé, vissuto circa 6 milioni di anni fa.
Non sappiamo quale fosse l'aspetto di questo antenato, ma si pensa che potesse essere più simile all'attuale scimpanzé che all'attuale uomo e non un essere metà uomo e metà scimmia. Ma anche questo potrebbe essere un pregiudizio, cioè supporre che tra scimpanzé e uomo sia quest'ultimo il più evoluto, pensando che solo la nostra linea filogenetica si sia modificata radicalmente mentre quella degli scimpanzé sia rimasta pressoché stabile e simile all'ultimo antenato comune, naturalmente non bipede. I più antichi reperti fossili temporalmente compatibili con l'antenato comune sembrano piuttosto indicare una parziale forma di bipedismo.
Un altro luogo comune è quello secondo cui l'evoluzione ha seguito un processo lineare, lento e graduale, con gli antenati disposti in fila, dove ogni specie diventa sempre più umana della precedente e la sostituisce: all'inizio la scimmia e alla fine l'uomo, ovviamente maschio e bianco. In particolare vediamo rappresentati: Scimmia, Australopithecus, Homo habilis, Homo erectus, Homo neanderthalensis, Homo sapiens raffigurati in un'unica linea filogenetica, con una crescente stazione eretta che raggiunge la perfetta verticalizzazione solo con l'uomo moderno. Questo concetto lo troviamo espresso ancora oggi in diversi manuali scolastici.
(Crediti non reperiti)
I dati paleontologici, invece, suggeriscono che l'evoluzione umana non ha seguito un unico binario, ma nel tempo ci sono stati momenti di stasi evolutiva e altri in cui si sono avute contemporaneamente più specie o forme affini, occupanti il medesimo territorio, formanti un cespuglio evolutivo con molte ramificazioni, specie parallele e diverse forme fossili in cui, negli ultimi 6 milioni di anni, le specie si sono incontrate, scontrate, qualche volta incrociate, o probabilmente ignorate.
Non ha perciò senso parlare di "anello mancante" di una catena in cui le specie sono in continuo miglioramento, ma di formazione continua di diramazioni, dove alcuni rami si seccano (estinzione della specie) e altri che continuano a crescere e ramificarsi.
Un altro equivoco in cui si può cadere è dato dal fatto di ritenere che ciascuna caratteristica che porta all'uomo moderno si presenti contemporaneamente e in modo graduale nel percorso evolutivo. In altre parole, la stazione eretta, la frontalizzazione del cranio, la scomparsa della villosità, lo sviluppo del cervello ecc. si ritiene che compaiano insieme, in modo graduale e sempre più perfezionato di specie in specie. In realtà non avviene così, perché ciascuna specie può avere simultaneamente caratteri primitivi e moderni in una sorta di mosaico anatomico: gambe lunghe per la locomozione bipede, ma cervello piccolo; braccia lunghe ma mani moderne ecc. Questo aspetto lo vedremo molto frequente quando presenteremo i singoli Ominini.
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La presenza contemporanea di più Ominini nello stesso periodo e nello stesso territorio rende problematico collegare le specie tra di loro, cioè individuare le loro relazioni evolutive.
A complicare le cose c'è il fatto che di ciascuna specie abbiamo, nella maggior parte dei casi, solo pochi frammenti ossei, magari un solo dente.
I resti fossili dei Primati sono assai scarsi rispetto a quelli di molti altri animali, almeno per tre cause:
- I Primati frequentano in maggioranza ambienti poco adatti alla formazione dei fossili, per esempio foreste o savane.
- Sino a un'epoca piuttosto recente sono rimasti di dimensioni minute, per cui era certamente più probabile che le loro ossa, e non quelle di un bisonte o di un dinosauro, fossero frantumate da predatori e necrofagi in frammenti irriconoscibili.
- Le popolazioni dei Primati antichi non dovevano essere molto consistenti, perciò hanno fornito meno "materiale" per una possibile fossilizzazione.
The descent of man
Nelle pagine storiche dell'evoluzione abbiamo visto come alcuni autori hanno presentato il problema dell'evoluzione umana, ma è con la pubblicazione nel 1871 dell'opera di Charles Darwin The descent of man and selection in relation to sex (1871) che si ha una vera rivoluzione nell'interpretazione. Egli, infatti, applicò la teoria della formazione delle specie animali e vegetali anche all'uomo a partire da antenati comuni con le scimmie antropomorfe. Così scrive:
«Mi rincresce pensare che la principale conclusione a cui sono giunto in quest'opera, cioè che l'uomo sia disceso da qualche forma bassamente organizzata, riuscirà sgradevolissima a molte persone. […]
La conclusione principale ottenuta in quest'opera, e ora sostenuta da molti naturalisti benissimo competenti a formare un solido giudizio, si è che l'uomo sia disceso da qualche forma meno altamente organizzata. Le basi di questa conclusione non saranno mai scosse, data la intima somiglianza tra l'uomo e gli animali inferiori, nello sviluppo embrionale ed in infiniti punti di struttura e di costituzione, sia di grande che di lieve importanza; i rudimenti che l'uomo conserva e le anormali reversioni a cui è occasionalmente soggetto, son tutti fatti che non si possono confutare. Essi sono noti da lungo tempo, ma fino a poco fa non ci dicevano niente sull'origine dell'uomo. Ma ora, visti alla luce delle nostre conoscenze di tutto il mondo dei viventi, il loro significato non può sfuggire. Il grande principio dell'evoluzione domina chiaro e fermo, quando questi gruppi di fatti son considerati in rapporto con altri, quali le affinità reciproche dei membri dello stesso gruppo, la loro distribuzione geografica nel passato e nel presente, e la loro successione geologica. Non si può assolutamente pensare che tutti questi fatti dicano il falso. Chi non si accontenta di pensare (come un selvaggio) che i fenomeni naturali non sono collegati, non può credere che l'uomo sia opera di un atto separato di creazione. Egli sarà costretto ad ammettere che l'intima rassomiglianza dell'embrione umano con quello, ad esempio, di un cane, la struttura del cranio, delle membra, dell'intera forma somatica dell'uomo ripete lo stesso modello di quella degli altri mammiferi (indipendentemente dall'uso a cui le singole parti sono destinate), la ricomparsa occasionale di varie strutture, per esempio, di parecchi muscoli che normalmente non sono presenti nell'uomo, ma che sono normali nei quadrumani, ed una quantità di fatti analoghi, tutti portano nella maniera più evidente alla conclusione che l'uomo discende da un progenitore comune agli altri mammiferi. […]
Se consideriamo la struttura embriologica dell'uomo, le analogie con gli animali inferiori, i rudimenti che conserva, e la reversione cui è soggetto, possiamo in parte immaginare la condizione primitiva dei nostri progenitori e possiamo approssimativamente collocarli in un posto appropriato nella sene zoologica. Impariamo così che l'uomo è disceso da un quadrupede peloso, provvisto di coda, probabilmente con l'abitudine di vivere sugli alberi e che abitava il Vecchio Continente. Se un naturalista avesse esaminato l'intera struttura di questo essere l'avrebbe classificato tra i Quadrumani, con la stessa sicurezza con cui avrebbe classificato l'ancora più antico progenitore delle scimmie del Vecchio e del Nuovo Continente».
«Senza dubbio i primi progenitori dell'uomo erano coperti di peli, la barba era attributo di entrambi i sessi, potevano muovere le orecchie, che erano appuntite, e avevano una coda con la relativa muscolatura. […] Il piede, a giudicare dalla condizione del pollice nel feto, era prensile, e i nostri progenitori erano indubbiamente abituati a vivere sugli alberi, in zone calde e boscose».
«I quadrumani e tutti i mammiferi più elevati derivano probabilmente da qualche antico marsupiale e questo, attraverso una lunga discendenza di forme che andavano divergendo, da qualche creatura simile agli Anfibi, e questi ancora da qualche animale simile ai pesci. Nella profonda oscurità del passato, possiamo intravedere che il primo progenitore di tutti i Vertebrati deve essere stato un animale acquatico, provvisto di branchie, coi due sessi riuniti nello stesso individuo e con la maggior parte degli organi più importanti (come il cervello e il cuore) imperfettamente o per nulla sviluppati. Questi animali dovevano esser più simili alle attuali ascidie di mare che a qualsiasi altra forma conosciuta. […]
L'uomo va scusato di sentire un certo orgoglio per essere elevato, sebbene non per propria spinta, all'apice della scala organica; e il fatto di essere in tal modo salito, invece di esservi stato collocato in origine, può dargli speranza per un destino più elevato in un lontano avvenire. Ma non si tratta qui né di speranze, né di timori, ma solo del vero, fin dove la nostra ragione ci permette di scoprirlo. Ho fatto del mio meglio per addurre prove; e dobbiamo riconoscere che l'uomo con tutte le sue nobili prerogative, con la benevolenza che estende non solo agli altri uomini, ma anche verso la più umile delle creature viventi, col suo intelletto quasi divino che ha penetrato i movimenti e la costituzione del sistema solare - con tutte queste alte forze - l'uomo conserva ancora nella sua impalcatura corporea lo stampo indelebile di un'umile origine».
L'uomo, dunque, veniva inserito nella linea evolutiva degli altri animali, con cui condivideva le medesime leggi biologiche, senza mai affermare una sua discendenza diretta dallo scimpanzé; piuttosto era imparentato con le altre scimmie, come dimostrano le caratteristiche anatomiche e fisiologiche:
«Pertanto, come nei regni vegetale ed animale, così anche in quello degli organismi umani dominano le leggi dell'ereditarietà, della lotta per l'esistenza e della selezione naturale».
Certamente tali affermazioni suscitarono un enorme scandalo:«Se è vero che l'uomo discende dalla scimmia, preghiamo perché non lo si venga a sapere!», esclamava una signora inglese. Si vedano in merito le reazioni del vescovo Samuel Wiberforce e le numerose caricature che ne seguirono.
Se l'uomo e le scimmie avevano un antenato comune, l'uomo veniva detronizzato dalla posizione privilegiata di creatura fatta da Dio a sua immagine e somiglianza; inoltre, se piante, animali e uomo originavano da un processo di selezione naturale, venivano a mancare le argomentazioni riguardanti il "disegno divino" sulla natura e sull'uomo.
Nel 1872 C. Darwin pubblicò il libro The Expression of the Emotions in Man and Animals, nel quale veniva applicata la teoria dell'evoluzione alla biologia del comportamento animale e umano. Egli ipotizzò che l'uomo e gli altri animali condividessero le facoltà intellettive, anche se nell'uomo sono sviluppate in un grado superiore.
Wallace non condivideva questa posizione, ritenendo che le differenze non fossero solo di grado ma soprattutto qualitative, poiché l'uomo è una creatura animale, ma anche spirituale e questa caratteristica non esiste negli animali. La spiritualità non può essere conseguenza della selezione naturale ma un dono divino dovuto a uno speciale atto creativo in un certo momento della storia evolutiva.
I Primati
I Primati sono Mammiferi placentati (Euteri), variabili in dimensioni, che conservano strutture anatomiche "primitive": arto poco specializzato con cinque dita, clavicola sempre presente, dentatura generalizzata con i tipi dentari dei Mammiferi primitivi e mammelle pettorali.
La scarsa specializzazione e la plasticità nella dieta ha permesso loro di sfruttare un'ampia varietà di opportunità ecologiche e di diversificarsi in molte specie.
Sono animali nella maggior parte sociali con un grande investimento nelle cure parentali poiché generalmente nasce un piccolo alla volta, il quale viene seguito dalla madre per molto tempo.
I Primati, secondo una classificazione non più accettata, erano suddivisi in due gruppi principali: le Proscimmie e gli Antropoidei.
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La moderna classificazione, che tiene conto delle relazioni evolutive, è riportata nell'immagine sottostante. Essa suddivide l'ordine dei Primati in due sottordini: Strepsirrhini e Haplorrhini (o Haplorhini). Tra le novità tassonomiche abbiamo che i rappresentanti delle Proscimmie sono ripartiti all'interno dei due sottordini e le Scimmie antropomorfe sono inserite tra gli Ominidi.
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Durante l'Eocene (55-34 milioni di anni fa) una grande varietà di Proscimmie dei due sottordini, abitava le foreste tropicali e subtropicali che si estendevano molto più a sud e a nord dell'equatore rispetto a oggi; attualmente si trovano prevalentemente nel Madagascar e nelle isole adiacenti (sono assenti nel Nuovo Mondo), occupando nicchie alternative rispetto alle scimmie. Sono animali arboricoli di piccole o medie dimensioni, con abitudini notturne e perciò spesso dotati di occhi molto grandi, sono provvisti di arti lunghi, pollice e alluce opponibili, coda generalmente lunga ma non prensile, si nutrono di insetti e piccoli vertebrati, di frutta e foglie. Tra le Proscimmie moderne ci sono i lemuri, i lori, i galagoni e i potto appartenenti al sottordine degli Strepsirrhini, mentre i tarsi appartengono al sottordine Haplorrhini.
Gli Antropoidei (l'attuale infraordine Simiiformes = Scimmie nel disegno) comprendono tutte le scimmie tranne le Proscimmie dei due sottordini.
Probabilmente le Scimmie si sono originate alla fine dell'Eocene (42 milioni di anni fa) da un ceppo di Haplorrhini. Esse si dividono in due parvordini: le Scimmie del Nuovo Mondo, dette anche Platirrine (che in greco significa "naso piatto"), come le scimmie urlatrici, e le Scimmie del Vecchio Mondo, o Catarrine (ovvero "naso rivolto verso il basso"), come babbuini e macachi. La separazione di questi due gruppi avvenne con la frantumazione del supercontinente Gondwana, iniziata 150 milioni di anni fa, che comportò un'evoluzione distinta delle Platirrine in America meridionale e delle Catarrine in Africa; tale suddivisione si verificò probabilmente durante l'Oligocene (30 milioni di anni fa).
Le scimmie platirrine (Platyrrhini) vivono nelle foreste dell'America centrale e meridionale e sono quasi esclusivamente arboricole. Possiedono una lunga coda prensile che, come una quinta mano, le sorregge sui rami degli alberi e hanno una limitata o assente opponibilità del pollice. Sono essenzialmente onnivore, la dieta prevede quindi frutta, foglie, semi, insetti, ecc. Vi appartengono gli Aotidi, i Cebidi (scimmie urlatrici), gli Atelidi e i Pitecidi.
Le scimmie catarrine (Catarrhini) vivono nella foresta tropicale e nella savana, presentano un forte incremento cerebrale e riduzione del muso che raggiunge il massimo nella nostra specie, possiedono dei cuscinetti adiposi sulle natiche che consento loro di stare sedute, hanno unghie invece di artigli, polpastrelli sensibili, pollice ed alluce opponibili, orbite orientate frontalmente e vicine, retina per la visione a colori. Tutte le specie sono diurne e hanno una dieta molto varia e poco specializzata.
Al parvordine Catarrhini appartengono tutti i Primati non trattati in precedenza e comprendono: la superfamiglia Cercopithecoidea (babbuini, macachi, cercopitechi, mandrilli, cioè tutte le scimmie non antropomorfe che vivono in Asia e in Africa); la superfamiglia Hominoidea con le scimmie antropomorfe e gli esseri umani.
La data di separazione fra Cercopithecoidea e Hominoidea si presume sia avvenuta nel primo Miocene, fra 20 e 24 milioni di anni fa. In seguito i due gruppi si sono spostati dall'Africa verso l'Asia e l'Europa e alcune specie di entrambe le superfamiglie hanno colonizzato gli ambienti terrestri.
La superfamiglia degli Ominoidei (Hominoidea) è rappresentata attualmente dalle famiglie Hylobatidae e Hominidae.
Tra gli Ilobatidi (piccole antropomorfe) troviamo i gibboni e siamanghi, tutti originari dell'Asia.
Gli Ominidi, o grandi antropomorfe, sono suddivisi nelle sottofamiglie Ponginae con il genere Pongo (orango) e Homininae con gorilla, scimpanzé e umani, comprese le forme estinte del genere Homo e Australopithecus. Scimpanzé e umani formano una tribù a parte degli Hominini.
Le scimmie antropomorfe sono, fra tutte le scimmie, quelle che hanno in media le dimensioni maggiori e il cervello proporzionalmente più grande; non presentano mai coda prensile, hanno una callosità sulle natiche e, avendo gli arti anteriori più lunghi di quelli posteriori, tendono ad appoggiare il peso del corpo sulle nocche delle estremità anteriori, mantenendo così una postura parzialmente eretta. I lunghi arti anteriori consentono di appendersi ai rami degli alberi, ma solo i gibboni si muovono principalmente mediante brachiazione (vedi la pagina successiva), cioè dondolandosi da un braccio all'altro mantenendo il corpo in verticale. Rispetto alle scimmie platirrine, le catarrine, hanno un considerevole dimorfismo sessuale.
Nell'ordine, da sinistra a destra e dall'alto in basso: lemure, gorilla, gibbone, mandrillo, macaco, orango, cercopiteco, nasica, tarsio, scimpanzé