Nella pagina Precedenti storici, abbiamo avuto modo di presentare le teorie proposte da alcuni autori.
Possiamo individuare alcuni filoni.
- Gli esseri viventi possono avere origine da un atto creativo di una divinità e perciò la vita non può essere spiegata con gli strumenti della chimica e della fisica.
- I viventi originano mediante un processo detto abiogenesi o generazione spontanea, a partire dalla materia inerte.
- La vita proviene dallo spazio (panspermia).
- La vita è eterna come la materia perciò è apparsa sulla Terra con la sua formazione.
- La vita ha origine da una serie progressiva di reazioni chimiche a partire da semplici composti organici.
È apparsa per caso, per un accidente che poteva accadere o non accadere, o è stata creata? Insomma, per un caso o per una causa?
La creazione è al di fuori del nostro campo di indagine, quindi vediamo le altre ipotesi.
Abiogenesi
La teoria della generazione spontanea della vita è quella che prevalse nel mondo antico ed è resistita fino al XVII secolo e oltre.
Per generazione spontanea (o abiogenesi) si intende la credenza secondo cui la vita nasce spontaneamente dalla sostanza inanimata, tramite l'effetto di "flussi vitali". Gli studiosi che appoggiano tale ipotesi sono detti Vitalisti, in opposizione ai Meccanicisti, secondo i quali la vita si basava esclusivamente sugli aspetti chimico-fisici degli organismi viventi.
Questa teoria deriva dalla constatazione che da sostanze morte in decomposizione o da materia inorganica si vedevano improvvisamente comparire mosche e altri insetti, vermi e si pensava anche animali più grandi.
La prima scuola filosofico-scientifica fu quella ionica (VII e VI secolo a.C.) dove Talete, riutilizzando miti babilonesi dai quali però escluse la divinità per sostituirla con processi naturali, fece risalire l'origine di tutti i viventi, uomo compreso, dall'acqua.
Il primo tentativo di dare una risposta in qualche modo scientifica al problema delle origini risale al V secolo a.C., quando il filosofo greco Democrito (460 - 370 a.C.) espose una sua teoria, divenuta nota come teoria della generazione spontanea.
Egli riteneva che tutti gli esseri viventi si formassero dal fango in decomposizione. In seguito, gli animali più grandi hanno cominciato a moltiplicarsi mediante la riproduzione sessuale, mentre quelli più piccoli continuavano a nascere dal fango o dalle sostanze in decomposizione.
«La Terra, fangosa ed estremamente molle, [...] in un primo tempo si indurì per effetto del calore del Sole; poi, dato che [...] sulla sua superficie si erano prodotti dei processi di fermentazione, si andarono formando delle bolle di umidità nelle quali si verificarono putrefazioni, contenuti in membrane sottilissime e simili a quelle che possiamo ancora vedere in formazione negli stagni e nelle paludi [...]. Quelle parti umide, per effetto del calore, producevano degli embrioni [...]. Alla fine le membrane, disseccandosi, si laceravano e ne sgusciavano le diverse specie di animali. Quelli più caldi si sollevarono nelle regioni aeree, diventando uccelli; quelli composti prevalentemente di terra finirono nel gruppo dei rettili e degli altri animali terrestri, mentre quelli cui era toccata in sorte una natura particolarmente umida corsero nell'elemento conforme alla loro natura e furono detti pesci».
Quest'idea trovò credito in molti filosofi greci e romani.
Nel secondo libro del De rerum natura di Tito Lucrezio Caro (98/94 - 55/50 a.C.), infatti, leggiamo: «essi stessi ci conducono per mano e ci costringono a credere che da cose insensibili, come dico, sono generati gli esseri animati. In effetti, è possibile vedere che vivi vermi spuntano fuori dallo sterco nauseabondo, quando si è putrefatta per effetto di piogge eccessive l'umida terra».
Tra i filosofi, il più influente fu Aristotele (IV secolo): «La natura passa gradatamente dagli esseri inanimati agli animati» (Storia degli animali I). E ancora: «Alcuni animali nascono dai loro genitori, altri crescono spontaneamente [...] da materiale terrestre o vegetale in putrefazione, e fra questi gli insetti; [...] alcuni insetti nascono sulle foglie cadute, generalmente in primavera, ma anche d'inverno, [...] altri nel pelo degli animali, o nelle loro carni, [...] ci sono delle triglie che saltano fuori dal fango e dalla sabbia; [...] alcuni pesci nascono spontaneamente, non da uova o copulazione» (Storia degli animali V).
Secondo il filosofo, gli esseri viventi si sarebbero originati dall'unione tra una sostanza morta (materia) e un principio attivo (pneuma) che orienta la sostanza verso un fine predeterminato. Il principio attivo sarebbe presente nella terra, nell'acqua, nell'aria e nel fuoco e da questi elementi si sarebbero formati rispettivamente le piante, gli animali acquatici, gli animali terrestri e i corpi celesti come la Luna.
Nascita dell'oca faccia bianca da un albero.
Munster, Cosmographie Universelle 1552
Durante il Medioevo, ci fu la riscoperta dei testi antichi, che venivano però letti con una fiducia cieca, senza preoccuparsi di controllare la verità delle affermazioni in essi contenute. Così, per diversi secoli nessuno osò contraddire la teoria della generazione spontanea; la fantasia degli alchimisti e degli studiosi arricchì anzi questa ipotesi di particolari spesso curiosi e assurdi, come l'albero delle oche (stampa sopra) o degli agnelli (John Mandeville, 1360 circa, stampa sotto) giungendo addirittura a scrivere delle "ricette" per ottenere la formazione di mosche, vermi, serpenti, topi e altri piccoli animali.
Ad esempio, un chimico e medico belga, Jean Baptiste van Helmont (1580 - 1644), propose una ricetta per creare i topi: «Posizionare una camicia sporca o un pezzetto di stoffa in un recipiente aperto contenente alcuni chicchi di grano o della crusca di frumento. In 21 giorni un fermento uscito da quell'indumento e trasformato dall'odore del grano, incrosta il grano stesso, trasformandolo in topi adulti, maschi e femmine, in grado di accoppiarsi e riprodurre più topi».
Solo quando gli sviluppi scientifici del mondo arabo vennero importati in Europa si riscoprirà l'indagine scientifica (prime Università, Leonardo da Vinci, ecc.), ma occorre giungere a Galileo, Bacone, Cartesio e Leibniz (XVI e XVII sec. d.C.) perché si affermi il metodo sperimentale, mettendo in discussione la teoria della generazione spontanea.
Confutazione dell'abiogenesi
Nel 1668 il biologo e medico fiorentino Francesco Redi (1626 - 1697) dimostrò, contrariamente alla credenza popolare, che dalla carne in decomposizione bene isolata, non comparivano i vermi della carne, cioè le larve degli insetti. Egli, infatti, aveva osservato che comparivano larve di mosca nella carne in putrefazione, ma aveva anche notato che le mosche arrivavano prima della comparsa delle larve, attirate dall'odore. Formulò allora l'ipotesi che le larve nascessero dalle mosche. Scriveva: «E se bene tutto giorno scorghiamo da' cadaveri degli animali e da tutte quante le maniere dell'erbe e de' fiori e de' frutti imputriditi e corrotti nascere vermi infiniti; io mi sento, dico, inclinato a credere che tutti quei vermi si generino dal seme paterno, e che le carni e l'erbe e l'altre cose tutte putrefatte o putrefattibili non facciano altra parte né abbiano altro ufizio nella generazione degl'insetti se non d'apprestare un luogo o un nido proporzionato in cui dagli animali nel tempo della figliatura sieno portati e partoriti i vermi o l'uova o l'altre semenze dei vermi, i quali, tosto che nati sono, trovano in esso nido un sufficiente alimento abilissimo per nutricarsi» (Esperienze intorno alla generazione degl'Insetti - 1668).
Per verificare la sua ipotesi fece il seguente esperimento.
«A mezzo il mese di luglio in quattro fiaschi di bocca larga misi una serpe, alcuni pesci di fiume, quattro anguillette d'Arno, ed un taglio di vitella di latte, e poscia, serrate benissimo le bocche con carta e spago e benissimo sigillate, in altrettanti fiaschi posi altrettante delle suddette cose e lasciai le bocche aperte: nè molto passò di tempo che i pesci e le carni di questi secondi vasi diventarono verminose; ed in essi vasi vedevansi entrare ed uscir le mosche a lor voglia, ma ne' fiaschi serrati non ho mai veduto nascere un baco, ancorchè sieno scorsi molti mesi dal giorno che in essi quei cadaveri furono serrati: si trovava però qualche volta per di fuora sul foglio qualche cacchione o vermicciuolo, che con ogni sforzo e sollecitudine s'ingegnava di trovar qualche gretola da poter entrare per nutricarsi in quei fiaschi dentro a' quali di già tutte le cose messevi erano puzzolenti, infracidate e corrotte».
Gli esperimenti di Redi segnarono il primo colpo nella demolizione della teoria della generazione spontanea, anche se i fautori di quest'ultima obiettarono che, chiudendo ermeticamente i contenitori, si era impedito l'ingresso del "fluido vitale" e per questo non erano nate le larve.
Redi «per tor via ogni dubbio ed ogni opposizione che potesse esser fatta per cagione delle prove tentate ne' vasi serrati, ne' quali l'ambiente aria non può entrare e uscire, nè liberamente in quegli rinnovarsi, volli ancora tentar nuove esperienze col metter le carni ed i pesci in un vaso molto grande, e, acciocchè l'aria potesse penetrarvi, serrato con sottilissimo velo di Napoli e rinchiuso in una cassetta, a guisa di moscaiuola, fasciata pure con lo stesso velo; e non fu mai possibile che su quelle carni e su quei pesci si vedesse nè meno un baco: se ne vedevano però non di rado molti aggirarsi per di fuora sopra il velo della moscaiuola, che, tirati dall'odor delle carni, talvolta dentro di quella penetravano per i sottilissimi fori del fitto velo; e, chi non fosse stato lesto a cavargli fuora, sarebbon forse ancora arrivati ad entrar nel vaso, con tanto studio ed industria facevano ogni loro sforzo per arrivarvi».
Dopo altre esperienze, così concluse: «Sappiate adunque che, sì come è il vero che su le carni, su' pesci e su' latticini conservati in luogo serrato non nascono mai vermi, così ancora è verissimo che i frutti e l'erbe crude e cotte, nella stessa maniera tenute, non inverminano: e pel contrario, lasciate in luogo aperto, producono varie maniere d'insetti, or d'una spezie, or d'un'altra, secondo la diversità degli animali che sopra vi portano i loro semi».
Il problema si ripresentò quando, grazie all'invenzione del microscopio (Van Leeuwenhoek, 1674), furono scoperti gli Infusori (Protisti). Si era, infatti, notato che, mettendo in un recipiente del fieno o altra sostanza organica con un po' di acqua, dopo qualche giorno apparivano questi organismi unicellulari.
Il gesuita e naturalista inglese John Turberville Needham (1713 - 1781) aveva notato che se si esponevano all'aria delle zuppe di carne o vegetali, si sviluppava un gran numero di microrganismi, perciò dedusse che in tutta la materia, aria compresa, ci fosse un "fluido vitale" che portava alla generazione spontanea dei piccoli organismi.
Per verificare la sua ipotesi, versò in un contenitore di vetro pulito del brodo di montone, lo riscaldò per breve tempo su cenere calda allo scopo di uccidere ogni forma vivente e lo chiuse con un tappo di sughero. Non aveva tuttavia verificato se il tappo fornisse una chiusura ermetica. Dopo qualche giorno osservò nel brodo la presenza di microrganismi. Poiché riteneva che fossero stati tutti uccisi in precedenza dal calore della cenere, questi dovevano essere comparsi per generazione spontanea. Gli errori che fece furono due: la mancata sterilizzazione preventiva della soluzione e la mancata protezione dalla contaminazione ambientale.
L'esperimento fu ripetuto nel 1768 dall'abate e biologo italiano Lazzaro Spallanzani (1729 - 1799) e, supponendo che gli Infusori penetrassero attraverso l'aria, fece bollire il brodo per tre quarti d'ora e sigillò le aperture delle beute fondendole. In questo caso non apparivano i microrganismi, mentre se la bollitura era breve, oppure si usavano i tappi di sughero, i microrganismi si sviluppavano. Si dimostrava quindi in modo inequivocabile e definitivo che la bollitura di 45 minuti rendeva l'ambiente sterile e i nuovi organismi che comparivano erano trasportati dall'esterno.
Ma per i sostenitori dell'abiogenesi come Needham, invece, la prolungata ebollizione aveva distrutto il "fluido vitale" nel brodo e la chiusura ermetica impediva l'ingresso del fluido che avviava la generazione spontanea. Anche nell'Ottocento un numero consistente di filosofi e scienziati accoglieva apertamente la tesi di Needham.
Il problema fu nuovamente proposto con la scoperta dei Batteri e risolto con Pasteur, ma non riuscì a convincere settori importanti del mondo scientifico e culturale europeo, anche per la modalità con cui ha condotto le sue esperienze.
Louis Pasteur (1822 - 1895) ipotizzò che anche i Batteri, come i Protozoi, potessero entrare nei recipienti attraverso l'aria, perciò nel 1861 organizzò una serie di esperienze utilizzando dei palloncini di vetro (matracci) con il collo curvato a S ("palloni a collo di cigno").
In un certo numero di contenitori mise del succo di barbabietola ricco di sostanze nutritive, curvò la parte superiore dei matracci alla fiamma per creare il lungo collo sottile e li fece bollire per oltre un'ora. L'aria era spinta all'esterno dal vapore e, quando il brodo iniziava a raffreddarsi, veniva risucchiata. I microbi presenti nell'aria venivano uccisi dalla soluzione ancora bollente e poi, con l'ulteriore raffreddamento, si depositavano sul collo, incapaci di spostamento autonomo.
Lasciò i palloni esposti all'aria affinché potesse entrare l'ossigeno, indispensabile per lo sviluppo dei microrganismi - e teoricamente anche il "flusso vitale" -, ma non gli agenti contaminanti provenienti dall'ambiente esterno, che rimanevano intrappolati nella curva. Dopo alcuni mesi osservò che la soluzione si era mantenuta limpida e quindi priva di microrganismi.
Se si inclinava il matraccio, il brodo entrava in contatto con la sporcizia del collo e dopo un po' di tempo comparivano i microrganismi. Lo stesso risultato si otteneva rompendo il collo del recipiente.
Un uguale numero di palloni di controllo li lasciò all'aperto senza la preventiva bollitura e dopo un po' si notò l'intorbidamento dovuto al pullulare di microrganismi.
Con questo esperimento Pasteur si aggiudicò nel 1864 il premio messo in palio dall'Accademia delle Scienze di Parigi per aver confutato definitivamente la generazione spontanea.
Ma fu veramente così? Alcuni scienziati contestarono - a ragione - l'esperimento, ma rimasero inascoltati.
Che cosa aveva effettivamente dimostrato Pasteur? Ciò che lui si proponeva: che i microrganismi si trovano nell'aria e perciò arrivano nella soluzione dall'esterno, ma questo non implica che non si siano generati spontaneamente in altro luogo. La generazione spontanea è confutata nel momento in cui si arriva a una sterilizzazione che si mantiene nel tempo e questo lo aveva già dimostrato Spallanzani. Apparentemente anche Pasteur aveva fatto la medesima cosa: l'ebollizione aveva distrutto tutti i microrganismi in soluzione e senza di essa si sarebbero sviluppati perché già presenti e non necessariamente derivanti dall'ambiente esterno e, viceversa, se fosse entrata aria sterile i microbi non si sarebbero sviluppati comunque.
Ci sono, inoltre, degli errori nell'esperienza stessa. Innanzitutto i microrganismi risucchiati per depressione da raffreddamento non è detto che incontrino ancora una temperatura sufficiente a ucciderli, tenendo anche conto che le diverse specie hanno un certo range di tolleranza al calore. Possono anche non essersi sviluppati perché non erano presenti nell'aria o perché le esperienze sono state condotte con un solo tipo di substrato acido, adatto allo sviluppo degli Eucarioti, ma non dei Procarioti.
Anche la presenza di ossigeno è fuorviante perché già allora si sapeva dell'esistenza di Batteri anaerobi.
Panspermia
La vita potrebbe non aver avuto origine sulla Terra ma essere giunta dallo spazio?
Un'ipotesi formulata nell'antichità ma che è stata ripresa nel secolo scorso è quella della panspermia, dal greco πᾶν, "tutto", e σπέρμα, "seme".
Si tratterebbe di "semi della vita" che si trovano sparsi nell'universo e quando sono giunti sulla Terra - ma potrebbero essere arrivati anche su altri pianeti con condizioni ambientali adatte - hanno dato origine alla vita.
Un primo accenno lo troviamo nel pensiero del filosofo greco Anassagora (496 - 428 a.C.), secondo cui esiste un numero infinito di "semi" (σπέρματα), qualitativamente diversi, non rilevabili dai nostri sensi, che originariamente sono tutti mescolati tra loro, ma un movimento vorticoso indotto dall'intelligenza divina (Νοῦς) le aggregò a formare il mondo. In ogni cosa sono presenti tutti i semi, ma con prevalenza di quelli da cui riceve la forma. La nascita, cioè l'origine della materia, è quindi l'unione dei semi e la morte è la loro separazione.
Nel Settecento Benoît de Maillet (1656 - 1738), diplomatico e geologo francese, riteneva che nello spazio fossero presenti i "semi della vita", delle spore invisibili che sarebbero precipitate nel vasto oceano che ricopriva la Terra.
Una formulazione più moderna - e in questo caso siamo nel campo dell'esogenesi, cioè origine della vita in qualche parte dell'Universo - è quella proposta nel 1908 dal chimico svedese Svante August Arrhenius (1859 - 1927) secondo cui la vita sarebbe sempre esistita e quindi non avrebbe avuto origine in un dato momento, né in un dato luogo. Gli organismi, o spore, si diffonderebbero nello spazio, spinti dalla pressione di radiazione, andando a colonizzare i pianeti.
Negli anni '70 del secolo scorso gli astronomi Fred Hoyle (1915 - 2001) e Chandra Wickramasinghe (1939) scoprirono nello spazio molecole aromatiche, porfirina, e altre molecole biologiche complesse. I principali ingredienti della vita erano presenti nella polvere interstellare. Andarono anche oltre, postulando che i granuli di polvere componenti le nubi interstellari potessero essere batteri essiccati e congelati.
I "semi della vita" sono ora le molecole biologiche o addirittura semplici forme di vita rinvenibili nello spazio.
Effettivamente, asteroidi e soprattutto comete - anche nella coda della cometa di Halley sono stati trovati composti organici, fra cui la formaldeide - potrebbero contenere nelle loro cavità, protette dalle radiazioni cosmiche, forme di vita in grado di sopravvivere fino a giungere su un pianeta.
Cometa di Halley
Nel 1970 l'analisi di un meteorite caduto l'anno precedente a Murchison (Australia), ha riscontrato la presenza di amminoacidi in quantità uguale di isomeri D e L.
Prove a favore
- Alcuni autori ritengono che la vita si sia originata sulla Terra in tempi troppo brevi rispetto alla sua formazione. Infatti, le prime forme viventi note hanno probabilmente 3,8 miliardi di anni e sarebbero perciò comparse solo 500 milioni di anni dopo la formazione delle prime rocce.
- Le molecole rilevate nello spazio interstellare e quelle trovate su comete e meteoriti sono simili a quelle presenti sulla Terra e questo implica che la vita eventualmente presente in altri pianeti dell'Universo si basa sulla stessa chimica del carbonio. Ciò sarà però possibile verificarlo solo quando la troveremo su un altro pianeta.
- Sono stati trovati batteri estremofili in grado di sopravvivere nello spazio per alcuni anni (Deinococcus radiodurans), in ambienti con pH molto acido o molto basico, a temperature superiori a 100° C, nelle profondità dei ghiacciai dell'Antartide, nella stratosfera perciò, in teoria, potrebbero sopravvivere su asteroidi e comete.
Prove contrarie
- Nello spazio le radiazioni, i raggi cosmici ed eventi stellari danneggiano gli ambienti dove potrebbe svilupparsi la vita e gli stessi organismi.
- I corpi celesti che impattano con la terra generano temperature elevatissime che impediscono la sopravvivenza di forme viventi.
- Non abbiamo alcuna prova che la vita possa sopravvivere per milioni di anni viaggiando nello spazio interstellare.
- Non esiste alcuna conferma sperimentale.
L'ipotesi della panspermia non fornisce alcuna soluzione al problema dell'origine della vita, che viene semplicemente spostato in un altro luogo e in un altro tempo.
Nel meteorite ALH 84001, proveniente da Marte e ritrovato in Antartide nel 1984, sono state trovate delle strutture somiglianti a batteri fossili che hanno fatto pensare alla presenza di forme di vita di quel pianeta. In realtà si tratta di strutture minerali che si formano a determinate condizioni di pressione e temperatura.
La vita è eterna come la materia
Come si diceva sopra, la panspermia non risolve ma sposta altrove il problema dell'origine della vita. Qualche autore, compreso il già citato Arrhenius, la estende, sostenendo che la vita non si è mai evoluta da molecole inorganiche, ma è invece è sempre esistita all'interno di un Universo che non ha inizio.
L'astronomo inglese Fred Hoyle ha proposto nel 1948 la teoria dell'Universo stazionario, secondo la quale viene continuamente creata materia in un Universo infinito ed eterno per compensare l'espansione. Se allora l'Universo non ha inizio, anche la vita potrebbe essere eterna.
Il problema dell'origine della vita in questo modo viene eliminato alla radice.
La vita origina da reazioni chimiche
Con le esperienze di Redi, Spallanzani, Pasteur si è giunti alla conclusione che ogni vivente nasce da un altro essere vivente e che non esiste la generazione spontanea: «Omne vivum ex ovo», secondo un aforisma attribuito a William Harvey (ma in realtà nel frontespizio della sua opera De generatione animalium (1651) si trova «ex ovo omnia»), ma allora come è comparsa la vita sulla Terra?
Charles Darwin ammette che una generazione spontanea fu possibile solo in tempi remoti quando le condizioni ambientali, molto diverse dalle attuali, dovevano rendere attuabile un'evoluzione chimica verso le molecole organiche, come risulta dal seguente passo, tratto da una lettera del 1871, indirizzata a Joseph Dalton Hooker: «Si dice spesso che tutte le condizioni che avrebbero dovuto essere presenti per la prima produzione di un organismo vivente, esistono attualmente. Ma se (e oh! che grande se) potessimo concepire che in un piccolo stagno caldo con ogni specie di sali di ammonio e di fosforo presenti, con luce, calore, elettricità, ecc., si formasse chimicamente un composto proteico e fosse pronto a subire ancora cambiamenti più complessi, oggi tale materia sarebbe immediatamente divorata o assorbita, cosa che non si poteva verificare prima della formazione degli esseri viventi».
Queste affermazioni sembrano riproporre la vecchia e confutata abiogenesi. In realtà il problema oggi è riformulato in termini tali da poter essere sottoposto a sperimentazione, come vedremo nella pagina successiva: la vita è comparsa una sola volta nella storia della Terra per abiogenesi, diversamente da quanto si riteneva in passato, secondo cui gli organismi si generavano ripetutamente e direttamente nelle forme che oggi vediamo.
Accogliendo quest'ipotesi, possiamo individuare quattro stadi evolutivi che vedremo nelle prossime pagine.
- Sintesi prebiotiche
- Evoluzione chimica
- Evoluzione prebiologica
- Protocellule