Consenso e Difensori
La teoria evolutiva di Darwin subì all'inizio molte critiche ma, nel giro di qualche anno, trovò ampio consenso tra gli studiosi perché permetteva di spiegare in modo razionale i dati che sempre più venivano raccolti da naturalisti e biologi. Il mondo ormai era visto in continua trasformazione, anche se nell'arco della breve vita umana appariva immutabile.
Il più noto difensore di Darwin è stato il biologo, naturalista e filosofo inglese Thomas Henry Huxley (1825 - 1895), soprannominato il "mastino di Darwin". A lui si deve il termine "darwinismo" per designare la teoria della selezione naturale e il termine "agnostico", per indicare una posizione religiosa meno rigida rispetto all'ateismo.
Huxley, uomo di vasta cultura, costruita da autodidatta, studiò gli Invertebrati marini, era paleontologo e anatomista comparato di valore, ricercatore, scrittore di saggi e divulgatore del darwinismo. I suoi lavori erano brillanti e di alto livello scientifico; il saggio più noto al pubblico è Evidences as to Man's Place in Nature (1863) sul problema del posto occupato dall'uomo nella natura: «E così, qualsiasi sistema di organi sia studiato, quando si comparino le loro modificazioni nella serie delle scimmie, si arriva ad una sola conclusione: che le differenze strutturali che separano l'Uomo dal Gorilla e lo Scimpanzé non sono così grandi come quelle che separano il Gorilla dalle scimmie inferiori».
Il "mastino" è ricordato soprattutto per la sua abilità oratoria. Famosa è la disputa, tenuta a Oxford nel 1860, con Samuel Wilberforce, vescovo anglicano del luogo. Il vescovo attaccò la teoria dell'evoluzione con l'accusa di essere immorale e anticristiana. Egli ritiene Darwin "uno svanito" che cerca di sostenere la sua costruzione di congetture e di astrattezze con modi che disonorano le scienze naturali. Il vescovo parlò delle difficoltà della teoria con un discorso vuoto, ampolloso e polemico e soprattutto attribuì al darwinismo l'idea (che Darwin non aveva mai avuto) che l'uomo, come esiste oggi, discendeva dalle scimmie. Terminò il discorso rivolgendo a Huxley la domanda: «Di grazia, è per parte di nonno o per parte di nonna ch'Ella vanta la sua discendenza da una scimmia?». Huxley non aspettava altro. Fece un breve discorso in difesa dell'evoluzionismo, dimostrando la palese ignoranza del vescovo nella materia su cui aveva parlato e terminò affermando che avrebbe preferito avere per antenato una scimmia anziché un uomo che usa il suo talento e l'autorità per oscurare la verità e ridicolizzare una seria questione scientifica.
La sua visione di evoluzione presentava qualche differenza rispetto a Darwin. In particolare, egli riteneva che la trasformazione non avvenisse in modo così lento e graduale come credeva Darwin, espressa con la frase "Natura non facit saltum".
Il vescovo anglicano Frederick Temple (1821 - 1902) affermò che «l'autore della Genesi chiaramente non aveva alcuna intenzione di dire attraverso quali processi fu attuata questa creazione, o quanto tempo durò». Egli ricordò agli antievoluzionisti che «il motivo per cui si vorrebbe mettere da parte la geologia, per il fatto che non si accorda con la descrizione letterale della Genesi, non è più valido di quello per cui si vorrebbe mettere da parte l'astronomia, per il fatto che in tutto il Vecchio Testamento si dice che il sole ruota intorno alla terra» (The Relations between Religion and Science - 1884).
Il teologo cattolico John Henry Newman (1801 - 1890) affermò: «Nella teoria dell'evoluzione non vedo alcunché di incompatibile con un Creatore Onnipotente e Provvidente». «Se non e vero che il sole gira intorno alla terra e la terra sta ferma, come sembra dire la Scrittura, non capisco perché si debba ammettere che Adamo è uscito direttamente dalla polvere... Darwin non intende opporsi alla religione» (Lettera a Pusey, 5 giugno 1870).
Obiezioni e Oppositori
L'opera di Darwin suscitò anche un forte dissenso, poiché veniva sconvolta la concezione stessa del mondo, esponendo teorie troppo diverse da quelle della cultura prevalente a quel tempo, influenzata dalla religione.
La teoria si poneva in contrasto con la "cronologia biblica" ancora largamente accettata, ammetteva l'estinzione di specie vecchie e la nascita di nuove, in contraddizione con le parole della Scrittura, secondo le quali nel quinto giorno Dio creò tutte le piante e gli animali «secondo le loro specie» (Gn 1,24-25). Ancora più offensiva era l'idea che l'uomo non era apparso improvvisamente per un atto speciale di Dio, a sua immagine e somiglianza, come descritto in Gn 2, ma era emerso al termine di una lunga catena di specie meno sviluppate, evolvendosi come tutte le altre forme viventi. Ancora peggio è che l'evoluzione biologica era avvenuta a causa di mutazioni prodotte dal caso e ciò equivaleva a negare la dottrina della divina Provvidenza.
Le reazioni più dure arrivarono dai colleghi scienziati e dalle chiese protestanti. La Chiesa Cattolica, invece, si mostrò più prudente, evitando pronunciamenti ufficiali. Il Concilio regionale di Colonia del 1860 ribadì quanto scritto nella Bibbia, per quanto riguarda l'origine dell'uomo e il Concilio Vaticano I non approvò alcun documento contro l'evoluzione.
Non si ebbe quindi un nuovo "Caso Galileo" e, a differenza del sistema copernicano, la teoria dell'evoluzione non fu mai portata davanti a un tribunale romano.
Le obiezioni scritturistiche contro la teoria dell'evoluzione vennero ufficialmente rimosse da Pio XII, con l'enciclica Divino Afflante Spiritu del 1943, affermando che i primi undici capitoli della Genesi non erano da considerare storici nel senso ordinario della parola (Lettera al Card. Shuard - AAS 40 [1948]).
Giovanni Paolo II ai Membri della Pontificia Accademia delle Scienze riuniti in Assemblea Plenaria (22 Ottobre 1996) disse: «Nella sua Enciclica Humani generis(1950) il mio predecessore Pio XII aveva già affermato che non vi era opposizione fra l'evoluzione e la dottrina della fede sull'uomo e sulla sua vocazione, purché non si perdessero di vista alcuni punti fermi. […]. Tenuto conto dello stato delle ricerche scientifiche a quell'epoca e anche delle esigenze proprie della teologia, l'Enciclica Humani generis considerava la dottrina dell'"evoluzionismo" un'ipotesi seria, degna di una ricerca e di una riflessione approfondite al pari dell'ipotesi opposta. […] Oggi, circa mezzo secolo dopo la pubblicazione dell'Enciclica, nuove conoscenze conducono a non considerare più la teoria dell'evoluzione una mera ipotesi».
Interpretazioni aberranti del darvinismo
L'applicazione della teoria e del metodo darwiniano a campi non biologici ha condotto spesso a vere e proprie degenerazioni del pensiero di Darwin.
Il darwinismo sarà utilizzato in modo strumentale da positivisti, socialisti, comunisti, nazisti, economisti e politici per dare un fondamento pseudoscientifico a teorie razziste, ateistiche e materialistiche, delle quali Darwin è da considerarsi estraneo.
Interpretazione marxista
Le correnti materialistiche e positivistiche vedono l'evoluzione come la spiegazione definitiva della realtà: l'evoluzione prende il posto del Creatore divino. Molti socialisti e comunisti, all'uscita delle opere di Darwin hanno visto in questa teoria una via che conduceva all'ateismo e alla soppressione delle classi sociali.
Karl Marx (1818 - 1883) e Friedrich Engels (1820 - 1895) mostrarono interesse per l'opera di Darwin, almeno all'inizio, perché in essa poteva riconoscersi il fondamento della concezione materialista della storia, ma in seguito Marx se ne distaccò per le idee malthusiane in essa presenti.
Marx lesse più per diletto e curiosità intellettuale che per profondo interesse il libro di Darwin, senza mai esprimere un motivato giudizio favorevole sulla sua opera. Regalò invece una copia con dedica de Il Capitale; Darwin ringraziò cortesemente ma, probabilmente, non ne lesse che qualche pagina perché il volume, tuttora conservato, ha solo 105 pagine divise su 822.
La proposta che Marx volesse dedicare a Darwin il secondo volume Il Capitale è una bufala. La fake, nasce dal ritrovamento di una lettera di Darwin tra le carte di Marx in cui declinava la proposta della dedica. Poiché non si specificava a quale libro si riferisse, se ne dedusse erroneamente che si trattasse de Il Capitale. In realtà Darwin si riferiva a un libro sull'ateismo scritto da Edward Aveling, compagno della figlia di Marx, Eleanor, che cortesemente declinò la dedica.
Giuseppe Montalenti (1904 - 1990), nell'introduzione all'Origine delle specie (1982), scrive: «Associando la variabilità, priva di direzione di fini, e il processo di selezione naturale, cieco e disinteressato, Darwin rese superflue le spiegazioni teologiche e spirituali dei processi della vita. Come Marx con la teoria materialistica della storia e della società, e Freud con l'attribuzione del comportamento dell'uomo ad influenze delle quali abbiamo scarso controllo, Darwin completò la piattaforma del meccanicismo e del materialismo - in una parola, di gran parte della scienza - che è stato da allora la base della massima parte del pensiero occidentale».
Il Darwinismo Sociale
Il darwinismo sociale rappresenta il tentativo che si è fatto per giustificare, in base alla "lotta per l'esistenza" e alla "sopravvivenza del più forte", una società classista, il razzismo, il colonialismo, la schiavitù, lo sfruttamento degli operai.
In economia si sosteneva l'inutilità di regolare il mercato; il dominio di una classe sull'altra corrispondeva alle leggi di natura: i proletari e i salariati in genere erano diventati poveri perché avevano perso la competizione sociale: «I poveri e le vittime erano i deboli; e la loro eutanasia era il modo scelto dalla natura per migliorare la specie» è quanto afferma l'inglese Herbert Spencer (1820 - 1903); l'espansione imperialistica e coloniale, che consentiva lo sviluppo industriale attraverso il massiccio prelievo di risorse di altri territori, si giustificava con la competizione tra le nazioni e i popoli meno "adatti" dovevano essere sottomessi; i nazisti ritenevano necessaria l'eliminazione dei rom, degli ebrei, degli omosessuali, degli handicappati e di ogni persona ritenuta indesiderabile: per Hitler non è rimasto che un piccolo passo da fare per andare dal concetto della "sopravvivenza" a quello della "dominazione" delle razze, che prospettava uno sviluppo della razza tale da salvare la cultura occidentale da un inesorabile declino e consentiva di asservire o sopprimere le razze "inferiori".
In realtà, il darwinismo non è sociale. Darwin tratta di tutto tranne che della società degli uomini e non parla sicuramente del "più forte" in senso assoluto ma del "più adatto" in quel momento e per quell'ambiente.