Sonde geniche
Per poter essere utilizzato, un frammento di DNA deve essere localizzato e isolato. Lo strumento impiegato dagli scienziati è la sonda genica.
La sonda genica è un frammento di DNA o RNA a singolo filamento costruito artificialmente, marcato con l'isotopo radioattivo 32P o altro isotopo, in grado di riconoscere una specifica sequenza del genoma.
La tecnica usata è l'ibridazione molecolare, che sfrutta la capacità di appaiarsi delle basi complementari e consta delle seguenti fasi.
- Si prepara la sonda marcandola con un isotopo radioattivo o con un colorante fluorescente.
- Si provoca la denaturazione del DNA da esaminare riscaldandolo lentamente in soluzione acquosa, o aumentando fortemente il pH, per rompere i legami idrogeno.
- Si aggiunge la sonda alla soluzione.
- Si raffredda la soluzione in modo da ottenere la rinaturazione del DNA: se il filamento di Dna incontra la sonda, si appaia con essa, formando un DNA ibrido.
- La marcatura consente l'individuazione del frammento di DNA di interesse tramite autoradiografia o luce UV.
La biblioteca genomica
La biblioteca o libreria genomica (genoteca) è una collezione di tutte le sequenze del genoma (codificanti e non) di un determinato organismo, ciascuno clonato in un vettore di clonaggio, generalmente un fago o un plasmide.
Per costruire questa libreria sono previsti i seguenti step.
- L'intero di DNA di un organismo viene frammentato con un enzima di restrizione;
- Ogni frammento è inserito in un opportuno vettore di clonaggio;
- Il vettore viene trasferito nella cellula ricevente. La modalità dipende dal tipo di vettore. Nel caso di plasmidi, si mescolano con Batteri, trattati con cloruro di calcio per facilitarne l'assorbimento, i quali assorbono i plasmidi clonati.
- I Batteri sono posti in una piastra di coltura contenente un antibiotico per uccidere quelli privi di plasmide.
- I Batteri, ora tutti contenenti il plasmide, si lasciano riprodurre. Dalla moltiplicazione di ciascuna cellula si ottiene un clone, cioè una colonia contenente il medesimo frammento di DNA clonato.
La biblioteca è rappresentativa se contiene almeno una copia di ogni frammento del DNA ed è anche ridondante se possiede più copie di alcuni frammenti genomici.
Le biblioteche di cDNA
La biblioteca genomica contiene l'intera sequenza di DNA di un organismo, indipendentemente dal tessuto o dalla cellula da cui deriva. La biblioteca di DNA complementare (cDNA), invece, è formata da tutte le sezioni di DNA che sono trascritte in mRNA in un determinato tessuto e in un dato momento. L'insieme degli mRNA trascritti si chiama trascrittoma. Abbiamo perciò librerie diverse, rappresentanti i geni che sono effettivamente espressi in quel tessuto in particolari condizioni fisiologiche, ambientali o di sviluppo, in un dato momento. Inoltre, il cDNA non contiene introni, importante quando si devono clonare geni di Eucarioti.
Il cDNA si ottiene mediante la retrotrascrizione, impiegando l'enzima trascrittasi inversa.
Le tappe per ottenere il cDNA sono le seguenti.
- Si estrae l'mRNA da un tessuto.
- La trascrittasi inversa sintetizza il DNA a partire da ciascun mRNA stampo. Il cDNA ottenuto è a filamento singolo.
- Una DNA polimerasi sintetizza il secondo filamento complementare.
Dopo la clonazione, ciascun clone conterrà un cDNA proveniente da un mRNA.
Quando si è ottenuta la libreria genomica bisogna individuare quale clone possiede il gene che ci interessa. Il processo di identificazione del clone nella colonia si chiama screening.
Lo screening si può fare con diverse tecniche. Si possono usare sonde radioattive o fluorescenti complementari per un piccolo segmento di DNA del gene di interesse oppure si possono far esprimere delle proteine, che vengono identificate mediante un anticorpo che riconosce il prodotto del gene.
Amplificazione del DNA
Per esigenze di manipolazione in laboratorio, servono molte copie del DNA di interesse, deve cioè essere amplificato.
Un primo metodo consiste nella clonazione a partire dalle cellule di una libreria genomica.
Dopo aver individuato la colonia con il gene o il frammento di DNA che ci serve, la si fa moltiplicare in brodo di coltura fino ad ottenere un'adeguata quantità di prodotto espresso dal DNA di queste cellule.
Un altro metodo consiste nella tecnica chiamata reazione a catena della polimerasi (PCR), che consente di avere in modo rapido miliardi di copie del gene. La PCR riproduce in vitro in modo automatizzato quello che si verifica in natura nel nucleo cellulare: la ricostruzione di una doppia elica di DNA a partire da un singolo filamento.
Le fasi della PCR sono le seguenti.
- Si prende una minima quantità di DNA da riprodurre e la si pone in soluzione.
- Si riscalda a 95 °C per 1 minuto la soluzione per denaturare il DNA (fase 1: denaturazione).
- Alla soluzione si aggiunge:
- una congrua quantità di nucleotidi trifosfati;
- Due primer di 10 - 30 nucleotidi, complementari all'estremità 3' di entrambi i filamenti del DNA stampo; per crearli è necessario conoscere la sequenza delle regioni terminali del gene bersaglio;
- una DNA polimerasi (Taq polimerasi) termoresistente, estratta da Thermus aquaticus, un batterio che vive nelle sorgenti di acqua calda.
- Si abbassa la temperatura a 54 °C per permettere ai primer di appaiarsi alle regioni complementari dei filamenti di DNA denaturati (fase 2: appaiamento).
- Si alza di nuovo la temperatura a 72 °C affinché la DNA polimerasi possa allungare la catena a partire dal primer. La catena può solo essere allungata e non creata ex novo. Alla fine di ogni ciclo si la formazione di due copie di DNA a doppio filamento per ogni stampo di partenza (fase 3: prolungamento).
- Il ciclo è ripetuto per 30-40 volte mediante l'utilizzo di un termociclatore, producendo una crescita esponenziale del numero di copie della sequenza di DNA. Con 30 cicli, infatti, si ottengono oltre un miliardo di copie.
Termociclatore
Il sequenziamento del DNA
Il sequenziamento del DNA consiste nell'individuare l'ordine dei nucleotidi in un filamento di DNA.
Esistono diversi metodi per mappare il genoma ma quello ancora molto usato è il metodo a terminazione di catena sviluppato da Frederick Sanger.
Si tratta di un metodo enzimatico che impiega dei nucleotidi modificati per interrompere la sintesi in punti specifici della catena. I nucleotidi modificati sono didesossiribonucleotidi privi del gruppo 3'-OH dello zucchero, che è necessario per formare il legame fosfodiesterico con il nucleotide successivo. Quando si legano alla catena in elongazione, provocano l'interruzione della sintesi.
Per il sequenziamento sono richiesti:
- un frammento di DNA denaturato,
- un oligonucleotide primer sintetizzato artificialmente con estremità 3'-OH libera (che può essere parcato),
- una DNA polimerasi,
- i quattro desossiribonucleotidi trifosfati (dATP, dGTP, dCTP e dTTP),
- i quattro didesossiribonucleotidi trifosfati marcati con isotopi radioattivi (32P o 35S ) o sostanze fluorescenti per visualizzare le bande dopo l'elettroforesi.
Il primer si posiziona in un sito specifico complementare di uno dei filamenti di DNA. La DNA polimerasi aggiunge uno alla volta i nucleotidi in base alla sequenza stampo: se viene legato un nucleotide normale l'allungamento prosegue; se, invece, si inserisce un nucleotide modificato, l'allungamento si interrompe.
Al termine della reazione si saranno ottenuti filamenti di diversa lunghezza in base a dove si sono inseriti questi terminatori, ciascuno terminante con un didesossiribonucleotide marcato.
I frammenti sono successivamente separati mediante l'elettroforesi su gel e sottoposti ad autoradiografia, sotto la luce UV o raggio laser. La disposizione delle bande svelerà l'esatto ordine dei nucleotidi della stringa del DNA stampo che si voleva sequenziare.
Oggi la tecnologia è migliorata accoppiandola con la PCR e si è automatizzata, perciò il sequenziamento è diventato molto veloce.
Sequenziatore
Un metodo automatico prevede questi passaggi.
- Si tagliano più copie del genoma in frammenti casuali di varie dimensioni (reads).
- Ogni frammento viene sequenziato.
- Mediante programmi informatici si sovrappongono le sequenze, dove sono identiche, fino ad ottenere una sequenza contigua (contig).
- Si sovrappongono tutti i contig fino ad ottenere la sequenza completa del genoma.
Il procedimento di sequenziamento del DNA è molto utile perché permette di mappare il genoma stabilendo l'esatta posizione dei geni, consente di distinguere le sequenze codificanti dalle altre, si possono preparare test per diagnosticare le malattie genetiche e mappare il genoma di organismi patogeni per approntare farmaci contro le malattie, individuare caratteristiche genetiche importanti per applicazioni nel campo alimentare, ambientale, ecc.
Il Progetto Genoma
Il Progetto Genoma Umano (o HGP dall'inglese Human Genome Project) è stato un progetto avviato ufficialmente nel 1990 sotto la guida di James Watson, con l'obiettivo di mappare l'intero genoma di 3 miliardi di nucleotidi di un essere umano.
È stato sviluppato dall'ente pubblico statunitense National Institutes of Health e contemporaneamente dall'azienda privata Celera Genomics di John Craig Venter, con la collaborazione di altri Paesi. Nel 2000 il presidenti degli Stati Uniti Bill Clinton e il premier britannico Tony Blair annunciavano il suo completamento, anche se è stato effettivamente mappato al 99% nel 2003. Nel 2006 è stata completata anche la mappatura mancante del cromosoma 1.
L'intera sequenza, pubblicata su alcuni siti internet, è oggi a disposizione dei ricercatori.
I dati ottenuti dal sequenziamento si sono rivelati sorprendenti. Ci si aspettavano almeno 100000 geni codificanti e invece sono solo circa 20000. Il 98,5% che non è tradotto in proteine ed è stato definito DNA spazzatura, di cui abbiamo già discusso in precedenza. Si è visto quindi che non c'è correlazione tra numero di geni codificanti e complessità dell'organismo.
Il genoma sequenziato rappresenta un modello di riferimento per confrontare il polimorfismo proprio di ogni individuo. Alcune regioni del DNA, infatti, corrispondono a polimorfismi a singolo nucleotide (SNP), cioè le differenze tra individui riguardano un solo nucleotide per quella particolare regione. Questo può essere utile per prevedere l'insorgere di alcune malattie e per sviluppare farmaci personalizzati.
Non è sufficiente tuttavia conoscere il numero e la posizione dei geni; resta da scoprire come funzionano e come interagiscono con l'ambiente, quali patologie possono insorgere da una loro mutazione, quali differenze genomiche giustifichino le differenze morfologiche e di adattamento.
Microarray
La tecnologia microarray permette di analizzare simultaneamente decine di migliaia di campioni di DNA, RNA o proteine, indispensabile quando si ha a disposizione un'enorme quantità di frammenti di restrizione.
I microarray di DNA (o chip di geni) sfruttano la tecnica di ibridazione inversa e sono costituiti da una lastra di vetro, materiale plastico o silicio, con pozzetti in cui sono fissati tutti i segmenti di DNA a singola elica (detti probe), ognuno corrispondente ad uno specifico gene, che funzionano da sonda. Ogni sonda contiene un elevato numero di copie identiche di probe. I probe non sono marcati con molecole fluorescenti ma lo sono invece gli acidi nucleici che si voglio identificare (target). I pozzetti sono disposti in modo ordinato a formare una matrice (array) regolare di punti.
Poiché gli acidi nucleici tendono ad ibridare, cioè ad appaiarsi con la propria sequenza complementare, si fa reagire il campione di DNA in sospensione con il chip: si verifica contemporaneamente l'ibridazione tra tutte le sonde e le corrispondenti sequenze complementari. Dopo l'eliminazione della parte in eccesso del campione che non ha reagito, è possibile identificare i geni di interesse che si sono appaiati alle rispettive sonde, la cui posizione è nota, visualizzando il segnale fluorescente che è rimasto attaccato ad esse e la cui intensità è proporzionale alla quantità che vi si è legata, utilizzando un lettore laser, un computer e un microscopio.
I microarray a RNA si servono della stessa tecnica ma il target è l'mRNA estratto da una cellula e quindi l'ibridazione è DNA-RNA.
L'mRNA viene prima convertito in cDNA tramite la trascrittasi inversa e poi marcato con sostanze fluorescenti. La fluorescenza permette la visione immediata del pozzetto in cui c'è stata l'ibridazione e quindi di scoprire la corrispondente sequenza di DNA.
Questa tecnica consente di stabilire quali geni sono espressi nella cellula in un dato momento ma anche di confrontare il profilo di espressione genica di un individuo malato con quello di uno sano per individuare quali geni sono coinvolti nella malattia e in quale grado sono espressi. In questo secondo caso, per l'analisi simultanea dei due tipi cellulari si marcano i cDNA con due diverse molecole fluorescenti. Ciascun pozzetto presenta una di queste tre situazioni:
- nessuna fluorescenza se nessuno dei due campioni si è legato alla sonda,
- fluorescenza del colore corrispondente al cDNA che si è legato alla sonda,
- fluorescenza di colore intermedio se entrambi si sono associati alla sonda.
L'intensità del segnale sarà proporzionale alla quantità legata e quindi espressa dal gene.
Microarray di proteine. Nei pozzetti di supporto si inseriscono come sonde proteine purificate, peptidi, anticorpi, allergeni ecc. Ognuna di queste sonde riconosce e lega la propria proteina target. L'individuazione della proteina avviene con la stessa tecnica descritta in precedenza.
I microarray proteici consentono di misurare, la quantità, la localizzazione, le modificazioni e le interazioni delle proteine.
I microarray hanno molteplici applicazioni:
- ricerca di base;
- analisi dei polimorfismi SNP;
- diagnosi molecolare;
- preparazione di farmaci personalizzati;
- predizione dell'efficacia o della tossicità dei farmaci;
- comparazione tra i genomi di tipi cellulari diversi;
- distinzione delle specie sulla base delle differenze genetiche;
- identificazione di mutazioni cromosomiche.
RNA-sequencing
La tecnica dei microarray presenta limiti applicativi: necessità di conoscere a priori le sequenze geniche per la progettazione dei probe, scarsa quantificazione di geni debolmente e altamente espressi e artefatti di ibridazione incrociata.
Di recente, per analizzare il trascrittoma, è stata adottata una nuova tecnica, l'RNA sequencing (RNA-seq) basata sulle tecnologie di sequenziamento di nuova generazione (Next-Generation Sequencing NGS), più efficace e a costi inferiori rispetto ai sequenziatori tradizionali. Essa consente di ricavare la sequenza e il grado di espressione di mRNA presente nella cellula in un determinato momento.
La tecnica parte dall'estrazione di RNA dalla cellula e la sua retrotrascrizione in cDNA. Questo viene sequenziato per ottenere corte sequenze chiamate reads, che identificano l'ordine in cui si susseguono le basi nei frammenti di DNA. Le reads prodotte dalle NGS presentano estremità che possono essere sovrapposte. L'allineamento delle reads con delle sequenze di riferimento del genoma consente di ricostruire interamente le sequenze geniche. Il numero delle reads allineate su un gene (o su un trascritto), detto count, è proporzionale al livello di espressione del gene.
L'RNA-Seq consente l'identificazione:
- dei siti di inizio della trascrizione;
- di promotori alternativi;
- dei polimorfismi a singolo nucleotide (SNP);
- dei confini esoni - introni;
- di splicing alternativi;
- di mutazioni;
- di modificazioni post-trascrizionali;
- di cambiamenti dell'espressione genica.
Individuazione dei polimorfismi a singolo nucleotide
L'impronta genetica
L'impronta genetica (fingerprint) è l'insieme di sequenze di DNA non codificante che sono uniche per ciascun individuo e che possono essere rilevate con apposite metodiche.
Anche se le sequenze di DNA umano sono identiche al 99,9% per tutti gli individui, lo 0,1% è sufficientemente diverso da permettere di distinguere una persona dall'altra (tranne i gemelli monozigoti).
Per confrontare e valutare i diversi patrimoni genetici non si prende in considerazione l'intero genoma ma dei loci ipervariabili in cui sono presenti geni altamente polimorfi. Un locus ipervariabile consiste in ripetizioni di brevi sequenze nucleotidiche il cui numero varia da allele ad allele del gene, perciò il numero delle ripetizioni presenti nel genoma è peculiare di ciascun individuo.
Il polimorfismo genetico, cioè la presenza di sequenze differenti a livello dei cromosomi omologhi, può modificare i siti di restrizione. Una mutazione che colpisca un sito di restrizione può farlo sparire o crearne uno di nuovo. Ci sono però, come abbiamo appena detto sopra, dei polimorfismi anche senza mutazioni, ma dovuti al numero di ripetizioni in siti del DNA.
Quando tra due individui esiste una differenza anche di un singolo nucleotide in una particolare sequenza (SNP: polimorfismo a singolo nucleotide), un enzima di restrizione in grado di riconoscere e tagliare questa sequenza, non sarà più in grado di farlo in quel punto e dai due individui otterremo frammenti di restrizione di lunghezza diversa: è quello che chiamiamo polimorfismo della lunghezza dei frammenti di restrizione o RFLP (si legge rif-lip), che sono caratteristici di ogni persona ma con somiglianze tra consanguinei: minore è il grado di parentela e maggiore è la diversificazione dei RFLP.
Analisi RFLP di due cromosomi
Il primo metodo per determinare l'impronta genetica è stato quello dell'analisi del DNA minisatellite ipervariabile VNTR (numero variabile di ripetizioni in tandem). Questo tipo di polimorfismo dipende dalla ripetizione in tandem di alcune sequenze e non da un cambiamento di nucleotidi. Per ripetizione in tandem si intende una stessa sequenza di 10 - 100 paia di basi ripetuta molte volte di seguito: ad esempio GTAA GTAA GTAA GTAA è ripetuta cinque volte. Nell'uomo sono impiegati i minisatelliti che si trovano sui cromosomi 1, 2, 4, 5, 10 e 17, che sono altamente polimorfici.
La metodologia si basa sull'analisi RFLP che sfrutta quello 0,1% di differenze per riconoscere le variazioni tra le specie o all'interno delle specie.
Dopo l'estrazione e la purificazione del campione di DNA, si procede al taglio della molecola con un enzimi di restrizione ottenendo frammenti di lunghezza diversa da individuo a individuo; si separano i frammenti in base alla lunghezza mediante elettroforesi e si trasferiscono ad una membrana tramite la procedura Southern blot. Con una sonda genica marcata si cercano le VNTR di interesse. Le bande marcate rappresentano l'impronta genetica e le differenze tra due campioni sono date dalla differenza nel numero di bande per uno stesso sito RFLP.
Per ottenere dati attendibili occorreva comparare molti loci minisatellite ma ciò rendeva difficile distinguere i singoli alleli.
Questa tecnica richiede tempi molto lunghi e una grande quantità di DNA non contaminato ma, anche se ormai superata, trova ancora impiego per la classificazione di animali e piante quando non si hanno informazioni sufficienti sul genoma della specie in esame.
Ricerca del colpevole con analisi RFLP
X è il reperto rinvenuto sulla scena del crimine, S1 - S2 - S3 sono i sospettati. Dopo l'elettroforesi, che sposta i frammenti di restrizione in base alla lunghezza (quelli più lunghi sono in alto), le bande sono trasferite su una membrana e ibridate con una sonda marcata. L'autoradiografia evidenza la corrispondenza tra le bande X e S2, che è dunque il colpevole.
Con l'aumentare delle conoscenze ci si è resi conto che i minisatelliti sono composti da troppe coppie di basi per dare risultati certi. Per questo oggi si preferisce analizzare le brevi sequenze altamente ripetute, chiamate microsatelliti STR (brevi sequenze ripetute in tandem), formate da 2 a 10 coppie di basi - quindi molte meno dei minisatelliti VNTR -, il cui numero di ripetizioni di ogni microsatellite è diverso in ciascun individuo. Ad es. nel cromosoma numero 5 c'è un locus genico in cui compaiono delle sequenze TAGA, che possono essere ripetute da 5 a 16 volte, a seconda dell'individuo considerato. I microsatelliti non differiscono dunque per la sequenza delle basi ma per il numero di ripetizioni.
Poiché sono di dimensioni ridotte, le STR possono essere amplificate con una PCR particolare, che impiega due primer marcati che si legano alle due estremità dei microsatelliti da analizzare, amplificandoli tutti contemporaneamente.
Il DNA amplificato è poi separato con l'elettroforesi e le bande sono visibili su gel grazie alla marcatura con una sonda radioattiva o fluorescente.
Tali bande rispecchiano la lunghezza dei frammenti di restrizione amplificati, che è in funzione del numero di ripetizioni presenti.
Questa tecnica consente di lavorare su piccolissimi campioni del reperto e con l'analisi di 16 STR si ha una discriminazione di 1:10 miliardi.
Poiché il numero di ripetizioni dei loci ipervariabili è trasmesso alla prole secondo le leggi dell'eredità mendeliana, si possono adoperare per i test di paternità. Infatti, se una persona eredita dalla madre un frammento del cromosoma 15 con 6 ripetizioni e dal padre un frammento del cromosoma omologo con 3 ripetizioni, quindi è eterozigote, dal taglio del DNA si otterranno due frammenti: uno più lungo di origine materna è uno corto proveniente dal padre, evidenziati nell'analisi STR.
Test di paternità con analisi STR
Nel sito STR la Madre (M) è omozigote con 6 ripetizioni. Il Figlio (F) è eterozigote con 6 ripetizioni provenienti dalla madre e 3 ripetizioni provenienti dal padre. Tra i due contendenti X1 e X2 qual è il padre? X2 è eterozigote con ripetizioni >6 su un cromosoma e >3 ma ?6 sull'omologo. X1 è omozigote con 3 ripetizioni perciò è il Padre, purché ci sia concordanza anche su almeno altri 12 STR.
L'impronta genetica si ricava dal DNA isolato dal sangue, dalla pelle, dalla saliva, dai capelli e da altri tessuti e fluidi biologici e trova numerosi impieghi.
Nel campo della medicina legale i test permettono di scoprire i colpevoli di un reato; consentono di risolvere le controversie sull'attribuzione di paternità; permettono l'identificazione di vittime di incidenti, conflitti o catastrofi naturali; consentono di individuare i geni responsabili di malattie ereditarie; si usano per confermare il pedigree degli animali; si possono scoprire le frodi alimentari e individuare eventuali microorganismi contaminanti; si individuano piante con caratteristiche che ne aumentano la resa produttiva; si applicano nei test per la determinazione della compatibilità per i trapianti di organi e sono un'importante strumento per lo studio filogenetico degli organismi.
La clonazione
Il termine clonazione indica la produzione in molte copie identiche di geni, cellule o interi organismi.
La clonazione di geni è stata trattata nella pagina precedente. La cellula con DNA ricombinante viene fatta moltiplicare in appositi bioreattori in modo da ottenere molte copie identiche e quindi altrettante copie del gene di interesse e del relativo prodotto.
Per quanto riguarda le cellule, si tratta della riproduzione asessuata di organismi unicellulari.
Un clone di un organismo è una serie di individui geneticamente identici, che derivano dallo stesso progenitore ottenuti senza la riproduzione.
Nei vegetali è frequente in natura ed è praticata dall'uomo su molte piante perché garantisce individui dalle caratteristiche uniformi. La clonazione è semplice perché basta prelevare una parte della pianta da clonare (ramo, foglia ...) e interrarlo, oppure si prelevano singole cellule da coltivare in vitro.
La tecnica dello splitting consiste nel suddividere un embrione in più parti, quando ha al massimo 8 cellule: ciascuna andrà a costituire un embrione indipendente che verrà impiantato nell'utero di madri che completeranno la gravidanza. Lo stesso meccanismo si ha in natura con la formazione di gemelli monozigoti.
Splitting
Nella clonazione classica (per trasferimento nucleare) si parte da una cellula somatica diploide prelevata da un soggetto donatore. Da questa cellula si estrae il nucleo che viene inserito in una cellula uovo aploide proveniente da una femmina donatrice, dopo che è stata privata del proprio nucleo. Questa femmina, in pratica, dona solo il citoplasma della cellula uovo.
Lo zigote così ottenuto, che è già diploide senza fecondazione, viene impiantato nell'utero di una terza femmina, la madre surrogata, che porterà a termine la gravidanza. L'individuo che si ottiene è geneticamente identico a quello che ha donato il nucleo.
Clonazione classica
Un famoso esperimento di clonazione di mammifero è stato condotto nel 1997 da uno scienziato scozzese, Ian Wilmut, che ha clonato una pecora a partire da una cellula somatica di mammella. Il clone, geneticamente identico alla pecora donatrice, è stato chiamato Dolly.
Dolly esposta al Royal Museum of Scotland
La pecora Dolly ha mostrato un invecchiamento precoce poiché i suoi geni, provenendo da un individuo adulto, presentavano i danni propri dell'età adulta.
L'importanza di questo esperimento consiste nel fatto che si è dimostrato che una cellula somatica differenziata può essere riprogrammata, riportandola allo stadio iniziale, quando nessun gene è ancora attivo: il differenziamento non è irreversibile.
In genere si pensa che il clone sia perfettamente identico al donatore. In realtà, ci sono più differenze di quante ce ne siano tra gemelli monoovulari. Questo perché nel citoplasma dell'uovo sono presenti i mitocondri, che contengono importanti informazioni genetiche e non provengono dalla cellula dell'individuo da clonare. Inoltre, i gemelli condividono la stessa placenta, ricevono gli stessi stimoli durante la gravidanza e crescono nel medesimo ambiente.
La clonazione presenta vantaggi e rischi.
In zootecnia, così come in agricoltura, si può ottenere un numero illimitato di copie di individui con caratteristiche uniformi in modo più costante rispetto agli incroci selezionati. Questo però va a scapito della variabilità genetica, condizione indispensabile per l'adattamento ambientale e in caso di attacco da parassiti.
Con la clonazione si potrebbero ottenere animali con organi adatti al trapianto oppure che producono proteine umane, come il fattore IX per la coagulazione del sangue.
Utili applicazioni possono derivare dallo studio dei meccanismi di invecchiamento cellulare o nello sviluppo dei tumori, le cui cellule sono in grado di ritornare ad uno stadio indifferenziato.
La clonazione può aiutare nella salvaguardia di animali e piante in via di estinzione o addirittura provare a ricreare animali estinti in epoca storica o i grandi Mammiferi del periodo glaciale.
Fra i rischi, ricordiamo che una cellula adulta accumula le cicatrici genetiche, cioè danni nei cromosomi per l'accorciamento dei telomeri, per mutazioni spontanee o indotte e altre cause che possono portare alla comparsa di tumori, all'invecchiamento o alla morte precoce.
Ci sono poi i problemi etici, soprattutto nella clonazione umana, che esulano dalla nostra trattazione.