Polimorfismo
Alcune specie chimiche hanno la proprietà di assumere forme cristalline diverse tra loro, ognuna delle quali può esistere in determinate condizione di temperatura e pressione.
Una sostanza si definisce polimorfa quando ammette due o più fasi o modificazioni della struttura senza variazione di composizione chimica.
Le condizioni ambientali che influiscono sul tipo di struttura sono: la temperatura, la pressione e la concentrazione dei componenti. A diverse condizioni di pressione e temperatura abbiamo perciò una differente distribuzione degli atomi nel reticolo cristallino, e ciascuna struttura rappresenta la configurazione reticolare di minima energia possibile per quelle particolari condizioni.
Possiamo avere sostanze dimorfe, trimorfe o in generale, polimorfe secondo il numero di fasi presenti in una stessa sostanza, ed esse presentano proprietà chimiche e fisiche diverse. Le modificazioni polimorfe di uno stesso composto si indicano, di regola, con le lettere dell'alfabeto greco.
È possibile il passaggio da una variante polimorfa a un'altra in modo rapido o lento, reversibile o irreversibile, facilitato dalla pressione o dalla temperatura. L'ambiente chimico può favorire la comparsa di varianti in condizioni metastabili, cioè che si trovano al di fuori del loro campo di stabilità. Questo può indurre errori nella valutazione delle condizioni di formazione di una roccia.
La trasformazione può avvenire per una semplice deformazione del reticolo, oppure con la sua scomposizione della vecchia struttura in tante piccole parti - con conseguente formazione di una fase amorfa - e successivo raggruppamento, per dare luogo a un nuovo ordinamento. Al primo caso appartiene la modificazione del quarzo-α in quarzo-β, al secondo quella del quarzo-β in tridimite-β e cristobalite-β.
In un sistema polimorfo, variando la pressione e la temperatura, si può passare da una fase all'altra; questa trasformazione può essere istantanea (ad es. quarzo-α in quarzo-β) o comunque molto rapida se si passa da reticoli ordinati a reticoli disordinati, oppure molto lenta da non riuscire mai a concretizzarsi (diamante in grafite).
I sistemi polimorfi possono essere monotropi o enantiotropi.
Si definiscono monotropi quei sistemi che subiscono una trasformazione per modificazione di pressione e temperatura ma non sono reversibili se la temperatura e la pressione ritornano allo stato iniziale.
Per qualunque valore di pressione e temperatura una fase è sempre meno stabile di un'altra, potendo formarsi solo in condizioni di equilibrio metastabile. Si hanno così fasi stabili e fasi metastabili. Una fase metastabile, anche se instabile, si può forma dalla sostanza fusa perché spesso nel raffreddamento si forma prima la fase metastabile, che può esistere per un tempo eccezionalmente lungo per la lentissima velocità di trasformazione.
All'aumentare della temperatura, in condizioni normali, si passa direttamente dalla fase α alla fase fusa, perché il punto di fusione si trova a una temperatura più bassa del punto di trasformazione. Il raggiungimento della fase ß spesso dipende dall'aumento della pressione.
Un esempio di sistema monotropo è dato dal disolfuro di ferro (FeS2), che si può trovare sotto forma di pirite cubica e di marcasite rombica in fase metastabile. Per riscaldamento la marcasite può essere trasformata in pirite, ma non è possibile il passaggio inverso.
Il carbonato di calcio (CaCO3) presenta una fase stabile trigonale (calcite), birifrangente uniassica e una fase metastabile rombica pseudoesagonale (aragonite), birifrangente biassica. In natura possono trovarsi l'una accanto all'altra senza che si osservi il passaggio dalla fase metastabile a quella stabile.
Il carbonio (C) si presenta con due modificazioni, diamante e grafite con proprietà chimiche e fisiche diverse, entrambi presenti in natura alle stesse condizioni ordinarie. La grafite, che cristallizza nel sistema esagonale romboedrico, rappresenta la fase stabile, è molto tenera, nera, opaca; il diamante cristallizza nel sistema cubico, durissimo, trasparente, incolore e ha una velocità di trasformazione in grafite molto lenta. Riscaldando il diamante fuori dal contatto dell'aria è possibile trasformarlo in grafite, ma il processo inverso è di difficile realizzazione per l'altissima pressione necessaria.
Un sistema enantiotropo si ha quando è possibile il passaggio da una forma all'altra e viceversa. Questo ha il punto di fusione a una temperatura più elevata del punto di trasformazione pertanto, all'aumentare della temperatura si passa dalla fase α alla fase ß e con l'abbassamento si ritorna dalla fase ß alla fase α. Tutte le fasi sono quindi stabili a determinate condizioni di temperatura e pressione.
Per esempio, lo zolfo-α rombico bipiramidale a 95°C si trasforma in zolfo-ß monoclino. A pressione ordinaria la fusione dello zolfo-ß avviene a 119.5°C. Abbassando la temperatura dello zolfo fuso si ha prima lo zolfo-ß e poi lo zolfo-α.
Il feldspato potassico (KAlSi3O8) possiede tre fasi: microclino, triclino, stabile a bassa temperatura e con struttura ordinata; ortoclasio, monoclino, di media temperatura, a reticolo moderatamente disordinato; sanidino, monoclino, di alta temperatura a reticolo disordinato. È possibile, ma con molta lentezza, la trasformazione da feldspato potassico a bassa temperatura a feldspato di alta temperatura e viceversa.
Paramorfosi
La paramorfosi si ha quando, cambiando le condizioni di pressione e temperatura, una variante polimorfa viene sostituita dalla variante stabile senza che si modifichi la forma esterna del cristallo.
Ad esempio, il quarzo-α, appartenente al sistema trigonale, classe trapezoedrica trigonale, stabile a temperatura ambiente, può mantenere la forma esterna prismatica-bipiramidale esagonale del quarzo-ß, stabile sopra i 573°C. Le particelle mantengono gli stessi contatti con quelle vicine, ma con piccoli spostamenti che posso modificare il grado di simmetria e le proprietà fisiche. Poiché i parametri reticolari variano di poco, è possibile la conservazione della forma.
quarzo-α e quarzo-ß
a destra:
pseudotridimite
, paramorfosi di quarzo α su tridimite β che conserva la forma originale della tridimite β
(Collezione e foto di Bruno Fassina)
Pseudomorfosi
Con la paramorfosi il minerale mantiene la stessa forma geometrica esterna e anche la medesima composizione chimica; con la pseudomorfosi la forma esterna si mantiene, ma cambia la composizione chimica, perciò un minerale che cristallizza in un certo sistema, si presenta in forme appartenenti a un altro sistema.
La trasformazione pseudomorfica può avvenire con le seguenti modalità.
- Sostituzione. Un minerale incassato in una roccia può scomparire per azione solvente di acque di infiltrazione. La cavità rimasta, che mantiene l'impronta del minerale, viene riempita da un minerale diverso, che assume la forma del precedente.
- Incrostazione. Su un minerale si forma un'incrostazione superficiale di diversa composizione. Se il minerale si scioglie, sull'incrostazione rimane il calco del minerale originario.
- Alterazione. Per azione di agenti esogeni, alterazione idrotermale o metasomatica, un minerale si trasforma col tempo in un minerale diverso senza però che sia alterata la forma del cristallo primitivo, anche se il nuovo minerale presenta abitualmente forme diverse. Ad esempio, cubi di pirite (FeS2) vengono alterati in cubi di limonite (2Fe2O3 ∙3H2O), che normalmente cristallizza in forme fibrose raggiate.
In seguito a fenomeni metamorfici la
siderite
(FeCO3) si è sostituita alla SiO2 mantenendo l'abito pseudoesagonale della
tridimite
(collezione e foto di Leopoldo Fabris)
Isomorfismo
Si definisce isomorfismo quel fenomeno per cui due o più sostanze aventi composizione chimica analoga - formula grezza dello stesso tipo e stesso numero di costituenti positivi e negativi -, cristallizzano nello stesso sistema in forme simili e possono dare miscele in varie proporzioni (cristalli misti o soluzioni solide).
Gli atomi degli elementi che si possono sostituire isomorficamente si dicono isomorfogeni o vicarianti.
La condizione essenziale perché possa verificarsi una sostituzione isomorfa è un'analogia di raggio: la differenza deve essere inferiore al 15%. A parità di raggio è favorita l'equivalenza della valenza, la configurazione esterna, il tipo di legame, il tipo di reticolo.
Sono possibili sostituzioni anche fra elementi che non hanno la stessa valenza, ma per mantenere la neutralità elettrostatica del minerale è necessaria un'altra sostituzione con valenza opposta in un altro nodo del reticolo. Na(I) può, ad esempio, essere sostituito con Ca(II) se in un altro punto viene sostituito Si(IV) con AI(III), come avviene ad esempio nei plagioclasi.
L'isomorfismo dipende dalla pressione ed è favorito dalla temperatura.
MgCO3 (magnesite) e FeC03(siderite) sono due minerali isotipi, composti che presentano lo stesso motivo strutturale: uguale posizione e rapporto reciproco degli atomi per grandezza e quantità, e simili rapporti parametrici della cella elementare; il Mg(II) e il Fe(II) presentano raggio ionico e potenziale di ionizzazione molto simili, per cui si possono sostituire in tutte le proporzioni (Mg,Fe)CO3. I minerali della serie che ne risulta prendono nomi diversi a seconda del rapporto con cui il Fe sostituisce il Mg.
I due minerali puri danno quindi delle vere e proprie soluzioni solide, in cui gli ioni vicarianti sono presenti in percentuali diverse e sono chiamate serie isomorfe. I termini puri sono abbastanza rari in natura, mentre si trovano facilmente le forme intermedie. Si tratta di un fenomeno molto comune.
Nei cristalli misti le proprietà fisiche variano in modo continuo secondo la percentuale dei componenti.
Un'altra serie isomorfa, molto diffusa in natura è la serie delle olivine, silicati di magnesio e ferro (Mg,Fe)2SiO4, dove gli atomi vicarianti sono ancora quelli di Mg2+ e Fe2+. Si tratta di una soluzione solida dei minerali puri forsterite Mg2SiO4 (con 100% di Mg e 0% di Fe) e di fayalite Fe2SiO4 (con 100% di Fe e 0% di Mg), rari in natura.
La solidificazione di una miscela di sostanze isomorfe può dare origine a cristalli misti di composizione omogenea, rappresentanti cioè un'unica fase solida, oppure formare cristalli zonati, in cui la composizione varia gradualmente, a strati, dal centro alla periferia.
Nel primo caso, partendo da una massa fusa, cristallizzano prima i minerali con alto punto di fusione e poi via via gli altri. Se il raffreddamento avviene regolarmente, al diminuire della temperatura si susseguono di volta in volta varie reazioni chimiche, in cui i cristalli del minerale formatosi a temperatura più alta, diventano instabili al diminuire della temperatura, perciò reagiscono con la porzione di magma rimasta ancora fusa entro cui essi galleggiano; il minerale è dunque totalmente riassorbito, mentre si cristallizza un nuovo minerale in equilibrio con la temperatura più bassa; a una temperatura ancora inferiore, anche il nuovo minerale reagisce con il fuso e così via. L'ultimo minerale ha la composizione del magma di partenza.
Nel secondo caso, se per una effusione lavica, una intrusione filoniana o altra condizione, è impedito il lento stabilirsi delle condizioni di equilibrio e, per un processo di cristallizzazione frazionata, i cristalli vengono rimossi costantemente, impedendo la loro reazione con il magma, perciò attorno al primo nucleo, ricco del primo termine, si depositano strati successivi di cristalli sempre più ricchi del secondo termine, che isolano i precedenti. Si ottengono così cristalli misti zonati.
Nel disegno a destra un cristallo zonato di orneblenda