Pila di Volta
Nel 1799 Alessandro Volta (1745 - 1827) costruì il primo generatore di corrente elettrica basato sulle ossidoriduzioni, interponendo tra un disco di rame e uno di stagno un disco di cartone o feltro imbevuto di acqua salata. I dischi erano forati al centro e impilati su un'asta di legno verticale.
In seguito utilizzò rame e zinco con acido solforico come elettrolita, ottenendo una differenza di potenziale di circa 1 V; per aumentarla, sistemo molti elementi di questo tipo in serie, ottenendo una pila.
La differenza di potenziale ottenuta ha un'intensità variabile e con il passare del tempo diminuisce fino all'interruzione della redox perché si ha la polarizzazione dell'elettrodo di rame, cioè l'idrogeno che si forma dalla riduzione sulle piastre di rame le circonda, isolandole dall'elettrolita.
Pila Daniell
Per impedire la depolarizzazione è stata adottata la pila Daniell, già vista in precedenza, che mantiene separata la soluzione depolarizzante di solfato di rame da quella acida attraverso un ponte salino.
Pila a concentrazione
Nella pila Daniell è necessario accoppiare due elettrodi di metalli diversi. Quando le condizioni della pila sono diverse da quelle standard, per calcolare la forza elettromotrice si applica l'equazione di Nernst. In base a questo principio, si può costruire una pila con un solo metallo, variando la concentrazione delle soluzioni ioniche.
Pila a secco Leclanché
La pila Daniell non era facilmente trasportabile, per questo nel 1868 è stata sostituita dalla pila a secco zinco-carbone, la pila Leclanché *, costituita da un elettrodo di Zn (involucro esterno) che è il polo negativo e da un elettrodo interno di grafite, ricoperto da un cappuccio d'acciaio, circondato da diossido di manganese (MnO2) impastato con grafite avente funzione depolarizzante, che rappresenta il polo positivo, immerso in una pasta gelatinosa di cloruro d'ammonio (NH4Cl).
Dal punto di vista chimico le reazioni sono le seguenti:
(+) 2MnO2 + 2NH4+ + 2e− → Mn2O3+ + 2NH3 + H2O
(−) Zn → Zn2+ + 2e−
L'elettrodo di zinco si corrode gradualmente per effetto delle reazioni chimiche che si svolgono all'interno della pila quando eroga corrente. Per questo, dopo un certo tempo la pila si esaurisce.
* Georges Leclanché, ingegnere francese.
Pila alcalina
Oggi si usano preferibilmente le pile alcaline, simili alle precedenti, ma con una maggiore durata e una erogazione più costante di corrente a parità di voltaggio. In esse, il cloruro d'ammonio è sostituito da idrossido di potassio e la grafite è sostituita dall'acciaio.
Dal punto di vista chimico, in una pila al litio abbiamo:
(+) I2 + 2e− → 2I−
(−) 2Li → 2Li+ + 2e−
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2Li + I2→ 2Li+ + 2I−
Pila Mallory a bottone
Negli apparecchi di piccole dimensioni si usano pile a bottone o pile Ruben-Mallory *, all'ossido di mercurio, inventate nel 1942. Esse forniscono una corrente costante fino all'esaurimento ma sono molto inquinanti.
Le reazioni sono le seguenti:
(+) HgO + H2O + 2e− → Hg + 2OH−
(−) Zn + 2OH− → Zn(OH)2 + 2e−
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Zn + HgO → ZnO + Hg
* Samuel Ruben (1900 - 1988), inventore statunitense e Philip Rogers Mallory (1885 - 1975), imprenditore statunitense.
Pila ricaricabile
Il vantaggio delle pile a secco è dato dalla praticità, ma non sono ricaricabili.
Esistono oggi in commercio pile ricaricabili come quelle a nichel-cadmio o le più evolute al nichel-metallo idruro (NiMH) o al litio, nelle quali è possibile far avvenire le reazioni in verso opposto ricaricando la pila.
Accumulatori a piombo
L'accumulatore a piombo è una pila reversibile costituita da una serie di piastre di Pb (elettrodo negativo) alternate a lastre di Pb rivestita di PbO2 (elettrodo positivo) immerse in una soluzione concentrata di H2SO4. Chiudendo l'accumulatore su un circuito esterno, il diossido di piombo viene ridotto a piombo metallico, mentre sull'altra serie di piastre il piombo metallico si trasforma in solfato di piombo. Questa è la fase di scarica; se si vuole ricaricare l'accumulatore, si fa passare una corrente nel verso che va dall'elettrodo positivo a quello negativo, producendo un aumento dello strato di diossido di piombo sulle piastre positive e riducendo a piombo metallico il solfato di piombo sulle piastre negative.
Chimicamente abbiamo:
(+) PbO2 + 4H3O+ + SO42− + 2e− ⇄ PbSO4 + 6H2O
(−) Pb + SO42− ⇄ PbSO4 + 2e−
L'accumulatore è ingombrante e poco pratico ma è ricaricabile.